MARIO DALLA VIA
I REVESE A BRENDOLA E LORO ATTIVITÀ NEL CAMPO EDILIZIO, CIVILE E RELIGIOSO
Revese od orefice o in latino aurifex, è il cognome in volgare messo accanto al nome di coloro che lavoravano o commerciavano metalli preziosi come l’oro. Un cognome esistente ovunque anche in Vicenza fin dal 1200. Non è detto che tutti coloro che venivano indicati con questo cognome di fatto fossero lavoratori o commercianti di oro: ma lo furono di fatto i primi che trasmisero il cognome ai discendenti. A Vicenza troviamo, tanto per dare qualche esempio:
• Tomaso Revese console nel 1239,
• Paolo fu Pietro fu Criberto medico e filosofo eccellentissimo nel 1370,
• Francesco Revese fu padre della beata Eufrosina (la madre fu Giulia Zoga). Nata nel 1427 e consacratasi a Dio fin dalla fanciullezza entrò nel monastero di S. Tomaso di Vicenza sotto le regole di S. Agostino. Esistono alcune biografie di questa beata morta il 16 dicembre 1465.
• Michele Revese mandato nel 1429 dai vicentini a Venezia per fare provvisione di religiosi che abitassero il nuovo convento della beata Vergine di Monte Berico.
Alcuni furono eletti più volte come amministratori del Comune di Vicenza, altri furono notai (si conservano nell’archivio di Stato i loro registri) fin dal 1431.
In Brendola vari membri della famiglia rivestirono spesso la carica di vicario.
Ecco l’elenco preciso dei Vicari a cominciare dalla metà del 1500:
– 1547, Alessandro Revese
– 1553, 1595, Bartolomeo Revese
– 1553, Alvise Revese
– 1571, Paolo Revese
– 1577,1578, 1585, 1592, Ruggiero Revese
– 1583, Giorgio fu Antonio Revese
– 1600, Girolamo Revese
– 1616, 1621, 1627, 1631, 1635, Girolamo Bruto Revese
– 1639, 1651, 1655, Bartolomeo Revese
– 1643, Guido Revese
– 1659, 1663, 1679, 1682, 1687, 1691, 1695, 1698, Alfonso Bruto Revese
– 1675, Alvise Revese
– 1703, 1707, Giorgio Revese
– 1712, 1728, 1739, Scipione Revese
– 1722, 1749, 1753, Paolo Bruto Revese
– 1743, Lodovico Revese
– 1757, 1765, 1769, 1777, 1781, 1785, 1789, Ottavio Bruto Revese
– 1798 Gaetano Bartolomeo Revese.
Altri Revese vennero da altre città o regioni come dal Tirolo o dal Bresciano. Non fu facile all’Amerigo da Schio, al Tomasini, al Paglierino, fare alberi genealogici dei Revese.
I Revese avevano dotato un altare nella Chiesa di S. Stefano ed avevano case ai Carmini in Vicenza.
Quando dei Revese acquistarono beni in Brendola?
Nel memoriale di tutti i beni e redditi del vescovo redatto nel 1393 ove sono descritti tutti i beni che il vescovo aveva dato in feudo in Brendola si trova:
Antonio fu Nicola Revese possiede mezzo campo di prato in Contrà Cadenelle presso gli eredi di Albricio da Bologna e un campo di prato al Gorgo di volta presso Giovanni Ottonello presso Antonio Malchiavello a nome di se Catanio Sertore.
La Signora Caterina, moglie di Gerardo Revese da Vicenza tiene in feudo un campo di terra arativa con pergole in località Moschiosa presso l’acqua moschiosa, presso di sé e presso gli eredi di Nicola Revese e presso Antonia di Paolo.
Da questo momento appaiono ovunque nei registri feudali ed anche nei registri notarili dell’archivio di Stato.
ELENCHIAMO UNA SERIE DI DOCUMENTI REDATTI DURANTE IL 1400.
Nel 1423 nella località “Borgo dei fratelli” Battista Tintore fu maestro Antonio Garzadore affitta dei campi chiamati “el monteselo” in contrà dell’Olmo (notaio Matteo Scolari).
Nel 1425 Nicola fu Giacomo Revese dà a livello un appezzamento di terreno in contrà S. Maria presso terreni di mistro Paolo fisico Revese da due parti e presso Gerardo fu Nicola Revese da un’altra parte (notaio Matteo Scolari).
Il 26 maggio 1443 l’onesta e sapiente donna Lucia fu Nicola Cavalli di Verona e vedova di Nicola Somaio dona a Zuan Francesco figlio di Lionello fu Nicola un sedime con una casa murata, cupata, solarata che sta andando in rovina con corticella, cisterna che può essere di mezzo questo sito in contrà Olmo del Cerro (notaio Matteo Scolari).
Nel 1447 Giovanni Fabris compra una casa murata, cupata e solerata in contrà Borgo dei fratelli confinanti con Bartolomeo fu Ludovico Revese e terreni del monastero di S.Bortolo di Vicenza.
Il 26 maggio del 1449, con atto del notaio Matteo Scolari, in contrà dell’Olmo, nell’abitazione di Giovanni fu Andrea di Brendola, presenti Giovanni fu Martino Francesco fu Antonio dal Vò, Gianmatteo fu Bello, Giacomo fu Bartolomeo detto Sparapan e Gasparino fu Michele tutti abitanti a Brendola la onesta e sapiente signora Lucia figlia del fu signor Nicola Cavalli di Verona e sposa del fu Nicola Somaggio cittadino di Vicenza, fece donazione irrevocabile tra vivi a Giovanni Francesco figlio di Lionello fu detto Nicola Somaggio cittadino di Vicenza di un luogo abitativo con casa murata, cupata e solerata tendente a rovinare con corticella e una cisterna, in tutto un mezzo quartier di campo posto nella contrada Olmo del Cerro presso la via comune, presso gli eredi di Battista Garzadore cittadino di Vicenza. Il Giovanni Francesco era dunque il nipote della Lucia Cavalli ed è il noto pittore vicentino.
Nel 1453, il martedi 9 novembre, un certo Zenone Gebeto, fu Daniele, nobile cittadino di Vicenza,abitante in contrà Vigo Mezzano, sano di mente ma ammalato, mandò a chiamare il notaio brendolano Matteo Scolari e, alla presenza di qualificati testimoni (i nobili uomini Filippo Volpe fu Giacomo, Marco figlio di Bartolomeo fu Lodovico Revese, Cristoforo figlio di Amrogio fu Bertini da Bergamo, Bortolo da Peorrio fu Vincenzo) tutti cittadini di Vicenza, e i brendolani Nicolino fu Battista e Angelino fu Cristoforo Carpentiere, dettò il suo testamento nel quale, dopo aver fissato il sepolcro del suo corpo cadavere presso la chiesa di S. Michele, diede disposizione perché venissero date 10 libbre di denari piccoli, 5 per ciascuno, all’arciprete e al cappellano per celebrare per lui le messe gregoriane. Dispose che venisse data una eguale cifra alla Cappella di S. Maria “de novo fabricanda” purché il sepolcro suo e dei suoi antenati rimanesse incluso nella cappella altrimenti il legato era da ritenersi nullo. Inoltre ordinò che entro 5 anni:
a) Francesca, sua sposa, rimanga, se voglia, nella sua casa vita natural durante, e possa avere vitto e vestiti convenienti al suo rango; nel caso non volesse continuare ad abitare nella casa ogni anno le venissero date, vita natural durante, 20 staia di frumento, 1 carro di vino “goro” e 2 mestelli di vino bianco piccolo e 25 libbre di denari piccoli, 1 letto dei migliori, 2 paia di lenzuola e le opportune masserizie vita natural durante. Inoltre alla vedova vengano dati panni di lana e di lino.
b) Alla signora Caterina figlia di Pier Paolo Zilioti, cittadino di Vicenza, vengano date 200 libbre di denari piccoli quando si mariterà.
c) Bertorello suo famigliare possa stare alloggiato e vestito vita natural durante nella sua casa: caso non volesse stare gli sia data una pezza di terra di 3 campi in contrà Vanzetto presso la strada di Lonigo.
d) Vengano acquistati 20 braccia di panno berrettino basso per confezionare le vesti a Pietro e Zanino, fratelli e figli del fu Antonio da Brendola.
Costituì erede universale il fratello Giovanni Francesco e commissari ed esecutori del testamento i nobili ed egregi uomini Bertino fu Lodovico Revese, Bartolomeo fu Vincenzo di Peorrio, Cristoforo di Ambrogio fu Bertino da Bergamo.
Il testamento fu confezionato in carta papiracea e posto in registro a mezzo di Nicolino di Battista da Casabianca di Brendola, cittadino vicentino il 13 settembre 1455.
Nel 1456 il giovedì 8 aprile, appena 5 mesi dopo, Zenone, sempre sano di mente ma ammalato chiamò di nuovo a casa sua, sita in contrà Vigomezzano, lo stesso notaio e, alla presenza dei 3 testimoni tutti abitanti a Brendola (Lorenzo fu Michele notaio, Antonio fu Marco Pacchiardo, Giovanni Fabbro fu Bernardo da Brescia, gastaldo del nobil ed egregio uomo signor Chergati cittadino di Vicenza) non contento del tutto circa certe cose che aveva ordinato nel testamento precedente e cosciente che, vivo, tutto può cambiare, ma morto le cose restano immutate, volle aggiungere un codicillo.
Anzitutto alle 10 libbre di denari piccoli stabiliti per la cappella di S. Maria da fabbricarsi se ne dovevano aggiungere altre 30 sempre alla condizione che la sepoltura sua e dei suoi venga inclusa dentro la cappella. La sepoltura doveva farsi in monumento con carpiallatura murata e coperta con una lastra di pietra. Venga acquistato per la stessa cappella un drappo da stanga di filo di lino con frange da porsi sopra la detta cappella. A fianco del documento fu annotato: facto in bombacina et posito in registro a mezzo di Giovanni Fabbro di Brendola il giovedi 14 aprile 1456 e dato a Giovanni Ferretti delle cause per essere registrato.
Nel 1460, il mercoledì 6 agosto, chiamò nuovamente il notaio Matteo Scolari per altre modifiche. Quattro anni più tardi un nuovo matrimonio provocò altre modifiche nelle disposizioni testamentari. Stabilì di assegnare un appezzamento di 18 campi posto nella contrà di Vigomezzano circondato ovunque dalla strada e una abitazione signorile consistente in una casa murata, cupata, con solaio, con terra coperta a paglia, con cortile, orto e brolo prativo e arativo ai fratelli dell’osservanza di S. Francesco a queste condizioni : che debbano accettare detto luogo come abitazione perpetua e in esso costruiscano o facciano costruire una chiesa col titolo dei santi Francesco e Bernardino. Nei 18 campi vi era un livello dei monaci di S. Bortolo di Vicenza: diede disposizioni perché se ne liberassero. Nel caso che i fratelli del terzo ordine non accettassero le condizioni poste si doveva vendere tutto e del ricavato due parti si dovevano dare alla fabbrica della chiesa di S. Biagio di Vicenza e l’altra terza parte divisa tra la fabbrica della chiesa di S. Francesco di Schio e di S. Daniele di Lonigo.
Nel 1478, martedì 20 gennaio, in località S. Michele o del Vescovado, Pietro Revese fu Antonio di Orzi Novi di Brescia sano di mente ma ammalato, dettò il suo testamento col quale lasciava ogni suo avere ai figli Antonio Giacomo e Bortolo in uguale misura, costituendo esecutori testamentari Bortolo fu Pietro Paolo Revese cittadino di Vicenza e il fratello Baldassare e Gerardo Berterio da Urcinovi. Stabilì di essere sepolto nella chiesa di S. Michele ponendo una lastra monumentale sopra; pure lasciò che in perpetuo ogni anno venga dato mezzo miro di olio da esser consumato in apposita lampada davanti all’altare di S. Maria nella chiesa di S. Michele.
Nel 1482 nel testamento di Francesco Marangon, oltre ai testimoni qualificati c’è anche Simone fu Pietro Paolo Revese.
Il venerdì 8 novembre 1485, Paolo e Lodovico fratelli, figli del fu Marco Revese, cittadini vicentini, nell’udienza delle cause, presenti frate Marco da Crema dell’ordine degli Umiliati, abitante a Vicenza, e Gasparino di Bortolo da Alonte, familiari del vicario generale del vescovo vicentino, in Curia, ricevono dallo stesso vicario generale Gasparre di Santo Sovino licenza di poter o di fare costruire una cappella col titolo di ANNUNCIAZIONE DELLA VERGINE MARIA nella villa di Brendola sopra loro terreno, ed in essa far celebrare messa senza pregiudizio dei diritti della chieda parrocchiale, in un appezzamento abitativo posto nella villa di Brendola in contrà Borgo dei Fratelli presso la via da due parti, entro un terreno montuoso vegro.
La licenza è data dal vicario che sta svolgendo attività riguardante processi di carattere religioso e civile che ci interessano.
Il giovedi 4 marzo 1473 il notaio Tommaso Zanecchin redisse un documento a Vicenza nella sindacaria di Carpagnon, nella stazione delle Scapizzierie di Cardino Feramosca di questo tenore : tempo addietro il nobil uomo Zanguglielmo Gillino cittadino di Vicenza aveva acquistato per 213 ducati d’oro da donna Caterina vedova di maestro Giacomo Revese di Brendola, per suo conto tutorio di Vincenzo e Girolamo e anche per nome di Salustio Calderaro padre della Caterina, 11 campi con case murate, cupate, solarate, con tezza copata, con colombara e cisterna, cortile e orto, il tutto parte di una pezza di 22 campi dei quali 11 erano stati alienati a Valerio Garzadore e a Pietro Francesco Sale cittadini di Vicenza posti nella villa di Brendola in contrà dell’Olmo presso Zuan Francesco Somaio cittadino di Vicenza presso la chiesa di S. Nicola, e presso la via comune, alcuni campi erano arativi, altri prativi, piantati di viti e alberi. In seguito lo stesso Zanguglielmo aveva investito la Caterina e suo padre Salustio per ducati 12 annui e 3 libbre di denari piccoli con la facoltà di affrancarli. A costoro era succeduto Cardino Feramosca che affrancò 11 di quei campi.
Subito dopo sorse una lite che venne portata in tribunale davanti al podestà di Vicenza Tommaso Trevisan. La sentenza è conservata negli atti del notaio Gregorio da Malo e si può riassumere in poche parole. Viene permesso che Vincenzo e Girolamo Revese, fratelli e Maria loro sorella, figlioli del fu Giacomo fu Antonio Revese di Brescia cittadino di Vicenza, alla morte del padre, ancora minorenni ereditarono un luogo di abitazione (sedimen) con una casa murata cupata e solarata, con tezza copata, cortivo limitato da mura in ogni parte, con colombara, cisterna, orto, brolo e alcuni campi arativi e prativi con viti ed alberi nominati “el monteselo” che può essere in tutto 8 campi in contrà dell’Olmo presso il luogo abitativo di Giovanni Francesco fu Lionello Somaio Pittore, cittadino e abitante a Vicenza, presso una piccola chiesetta il cui diritto di patronato è dei Somaio, presso Giacomo di Pietro dalla Gemma di Brendola in affitto dai canonici vicentini, presso la via comune dalle altre parti e presso la infrascritta pezza. Per questo luogo viene dato alla mensa vescovile ogni anno l’onoranza di 2 pernici.
Viene premesso ancora che i medesimi ereditarono una pezza di terra arativa e prativa con viti e alberi di 11 campi posti nella stessa contrà presso la pezza precedente, presso Giacomo di Pietro dalla Gemma, presso i Canonici e presso il monticello di Somagio e presso la strada dalle altre parti. Altra premessa: tale possessione era stata alienata in parte a Valerio Garzadore, cittadino di Vicenza con diritto di affrancazione onde nacquero difficoltà che danneggiarono i minori così che si arrivò alla decisione di dare a Cardino fu Nicola Feramosca il tutto per favorire i minorenni (atti di Giacomo Franchi di Arzignano 28 settembre 1471 e Tomaso Zanechino 4 marzo 1473).
Nell’affare per assistere i minorenni erano intervenuti Pietro Revese, zio dei pupilli e Giacomo fu Lodovico Revese affine e congiunto degli stessi. Il podestà sistemò le cose e con i soldi ed il tempo Feramosca diventò proprietario. Con atto del notaio Nicolò fu Taddeo d’Ascoli del mercoledi 3 gennaio 1481 lo stesso Cardino Feramosca fu Nicola acquistò una casa murata cupata e solarata con corte e cisterna in tutto un campo in contrà Cerro ossia di S. Nicola.
Il 29 luglio 1488 in casa di Lodovico Revese, nella sua Colombara presenti Bernardino fu Battista, Valle e Tomaso fu Nicola Barberio detto Dona Gemma, abitanti nella villa di Brendola e Martino fu Giovanni muratore del lago di Como e Bernardo muratore fu Giovanni di Lugano viene stipulato un contratto di affittanza tra il comune e Paolo fu Paganino Vaccaro de Valsurvana di Pergano di alcuni pascoli.
Nel 1494, il 3 novembre, il notaio brendolano Matteo Scolari redige un atto nella località di S. Michele o Vescovado in casa di Maria Feramosca presenti l’arciprete Battista di Castegnero e Antonio Valle nel quale viene detto che l’onesta e nobil donna Maria, moglie del fu spettabile dottore di legge Pietro Revese di Orci Novi, cittadino di Vicenza riceve 8 ducati dai consiglieri di Brendola, ducati che ella aveva dato al comune come governatore ed esecutore della fabbrica della chiesa di S. Michele e ciò secondo il legato fatto dal Pietro Revese nel suo testamento 20-01-1478 redatto dallo stesso Scolari, col quale legato il Revese intendeva dare alla chiesa ogni anno un medio di olio da consumarsi in una lampada davanti l’altare di Santa Maria della Chiesa di S. Michele.
Nel 1497, il giovedì 2 novembre, nella casa del comune sita nella località di S. Michele Triobe fu Zuan Francesco Cabianca e Cristoforo fu Giacomo Matteo ambi di Brendola, maestro Antonio lapicida di Papia, abitante a Vicenza si impegnò di fare per conto del nobil uomo Andrea figlio del nobil uomo Simone Revese, citadino di Vicenza entro il mese di marzo prossimo futuro una cappella simile a quella di Bortolo Scolari di Brendola fatta altra volta dallo stesso nella chiesa di S. Michele a spese e pericoli dello stesso Antonio a queste condizioni che l’Andrea procuri a sue spese di condurre pietre alla chiesa e di darle tutte lavorate per il prezzo di 10 ducati e mezzo d’oro da darsi di tempo in tempo man mano che il lavoro procede e che a opera terminata venga saldato il tutto.
Nel 1498, 13 gennaio, Il magnifico podestà dopo aver ascoltato in contraddittorio il maestro Antonio lapicida da una parte ed il nobil uomo Andrea Revese cittadino vicentino dall’altra, mentre tutte due le parti contestavano circa una certa cappella che il predetto Antonio cominciò a costruire per la quale il detto Andrea è tassato allo stesso soddisfare di tempo in tempo purché abbia fatto il lavoro diede condanna a dargli nove ducati ed altri quattro quando l’opera fosse completata. Inoltre viene chiesto che venga mandato il gastaldo dell’arte per vedere se l’opera fatta ascende a detta somma. L’Andrea si disse pronto e preparato a soddisfare detto maestro Antonio per quel che si meritò e per quel che lavorò. E perché non sembri che il detto Andrea volesse menar le cose per le lunghe circa il salario meritato, lo stesso Andrea dà e si offre di sborsare e che avrebbe sborsato subito tutto il prezzo della cappella purché prima e prima di ogni cosa desse garanzia che avrebbe terminato l’opera. Nel caso non avesse prestato fideiussione avrebbe pagato per quanto fatto.
Mi sia consentito fare alcune ipotesi. L’oratorio fu costruito veramente nel 1446 (la pietra fa parte integrante del muro e non inserita più tardi) senza pretese artistiche. Divenuti i Revese proprietari anche dei 18 campi dello Jebeto, dopo lunga causa vinta, ottennero dal Vescovo la licenza di poter fare quel gioiello di chiesa che attualmente si vede. Osservo che nella parete della facciata, all’interno, c’è in pietra lo stemma del Nome di Gesù, ossia il monogramma di Gesù, tavoletta che S.Bernardino (1380-1444) mostrava al popolo al termine delle sue prediche, sulla quale erano incise le lettere J.H.S. contornate da un cerchio di raggi fiammeggianti. Quel simbolo si diffuse ovunque, apposto sulle porte delle chiese, delle case, dei pubblici edifici. Si ricorderà che S.Bernardino fu un grande riformatore dell’ordine francescano.
Le pitture che ancora oggi si vedono nelle pareti della chiesa rappresentano anche la Beata Eufrosina Revese (1427-1465).
Negli atti già riferiti non troviamo anche nomi di pittori che in quella località avevano appezzamenti di terreno?
Faccio notare che quel Zenone Jebeto era figlio di Antonio, che aveva sposato Caterina dei Cavalli, potente famiglia di Verona, prima sposa di Gerardo Revese. Osserviamo che più volte nei documenti che li riguardano, questi Revese si dicono oriundi di Orzinovi di Brescia.
Bresciana è la sponda occidentale del lago di Garda.
È quello rappresentato nelle pitture?
Per finire precisiamo che l’attuale villa Pagello, oltre che l’attuale sede del Comune, fu costruita dai Revese.
Ai limiti del parco retrostante la villa, c’è il capitello della Madonnetta, che ha dato il nome alla strada, che dalla chiesa di S.Michele porta al piano attraverso piazzetta del Vicariato, capitello il cui sfondo interno è formato da una grande conchiglia, elemento architettonico comune all’oratorio dell’Annunziata.
Le norme canoniche più antiche prescrivevano che là, dove venivano demolite chiese od oratori ormai fatiscenti, fossero collocati capitelli o croci perché luoghi considerati sacri.
Era forse lì un primo oratorio Revese dal quale furono asportati sia la lapide sia lo stemma del Nome di Gesù inseriti (non appiccicati ma parte integrante del muro) dell’attuale oratorio dell’Annunziata?
Il capitello è nominato dal Vescovo di Vicenza nella visita pastorale fatta a Brendola nel 1583 in questi termini: “…avendo visto, passando di là, il capitello presso la casa dei nobili Revese (ora Pagello) con immagini dipinte deturpate e tenuto indecentemente, ordinò di togliere la pila dell’acqua benedetta, di riparare il coperto e di restaurare le immagini dei santi dipinte nelle due facciate”.
VISITE PASTORALI ALLA CHIESA DELL’ANNUNZIATA.
La prima visita fatta dall’autorità ecclesiastica di cui si conserva il verbale notarile fu il 24 settembre 1566.
La compie il Vicario generale e dice “chiesa della Annunciazione della Beata Maria Vergine… assai bella e ornata… dei nobili Revese… costruita dai loro antenati”.
Una seconda visita di cui ci è rimasto il verbale fu fatta dal Vescovo Michele Priuli sabato 15 ottobre 1583: l’altare era di marmo, la pala e le immagini dipinte in cattivo stato, il tetto non in ordine. Diede precisi ordini di restaurare la pala e le immagini dipinte e di rinnovare il tetto.
Nella visita fatta il 30 settembre 1646 dal Cardinale Bragadino venne trovata costruita una piccola sagrestia; nella chiesetta venne amministrata la cresima.
Un quarto verbale del 30 settembre 1656, scritto in occasione della visita fatta dal Vescovo Brescia, riferisce che venne dato ordine di mettere i vetri alle finestre e di rinnovare la icona di detta chiesa della Beata Maria Vergine di ragione di Paolo Revese.
Un’altra visita alla chiesa dell’Annunciazione venne fatta il 13 maggio 1687: c’era una pala con pitture della Beata Maria Vergine, di S. Antonio, di S. Giacomo, di S. Valentino; fu trovata ben tenuta ed in essa si celebrava nei giorni festivi e in tre giorni fra settimana a spese del signor Ludovico Brutto Revese.
“L’oratorio pubblico sotto il titolo Beata Maria Vergine salutata dall’angelo di diritto del nobile signor Paolo Brutto Revese” viene visitato il 3 novembre 1743 dal canonico conte Gaspare Valmarana che lo trova provvisto dell’altare di legno, con una piccola sagrestia, con una campanella pendente dal campanile, benedetta, officiato da Don Girolamo Castellan, incaricato anche di insegnare a leggere e scrivere a due fanciulli della famiglia Revese.
Alla fine del Settecento, l’11 settembre 1791, nella visita ecclesiastica all’oratorio pubblico di ragione dei nobili signori conti Girolamo, Ottavio e fratelli Brutto Revese non fu trovato nulla di nuovo.
Trent’anni dopo, nel 1820 il Vescovo la visitò dicendola di diritto della famiglia del fu conte Paolo Revese.
In quella del 9 novembre 1871 l’oratorio risultava di Don Gaetano Revese.
La chiesa, dunque, fu sempre proprietà dei Revese fino alla fine del 1800, allorquando il prete Don Gaetano, ultimo rampollo della famiglia, la lasciò per testamento a Giovanni Scola.
ALTRE BREVI NOTE SUI REVESE
1. Va ricordato il lungo documento, da me trovato al Museo Civico di Padova e già pubblicato in “Uno sguardo su Brendola”, dove si parla dei lavori di prosciugamento eseguiti da Bortolo Revese nel 1432 al Palù.
2. Orefice Enrico fu Nicolò è nominato nel Processo delle Apparizioni della Madonna a Monte Berico (1432); nel testamento (1442) ricorda la costruzione della Cattedrale di Vicenza. Costui fu nel 1428 Vicario di Brendola.
3. In un atto notarile del 1494 (3 novembre) del notaio Matteo Scolari fu Francesco viene reso noto di Pietro Revese da Orzinovi, abitante a Vicenza; nel testamento fatto il 20 gennaio 1478 fece un legato perpetuo per assicurare che rimanesse accesa una lampada davanti l’altare si S. Maria nella chiesa di S. Michele e si rende pure noto che la nobile e onesta donna Maria, vedova del sopraddetto Pietro dottore in legge, aveva fatto un prestito agli uomini del Comune governatori ed esecutori della fabbrica della chiesa di S. Michele.
4. Luca Ferro ci informa che la nobile casa Revese eresse anche, della chiesa del 1500, l’altare dedicato a S. Caterina: “ancor vivente – dice – la signora Vittoria Revese, ultima superstite della linea Antonio Revese, rinunciò al patronato del detto altare con la sepoltura esistente ai piedi dello stesso al conte Gabriele Anguissola, togliendo i due stemmi Revese esistenti ai due lati dell’altare e dipingendo il Blasone Anguissola”.
Uno di questi è quello collocato ora su un pilastro del portone dell’attuale canonica?
5. Il notaio Vincenzo Squaquara tra i suoi registri riporta anche le divisioni fatte tra Lodovico e Brutto fratelli e figli del magnifico Girolamo dei Brutti nobile vicentino.
A Brutto fu data tra l’altro una casa murata, cupata e solarata con tezza di paglia in contrà della Croce presso Lodovico e Carlo Revese; una certa quantità di terra verso le predette case, presso la via da due parti e la chiesa della Nunziata; una casa murata cupata, solarata con tezza di paglia e forno in Vanzo presso l’acqua della Ronzola e tanti altri appezzamenti di terra.
A Lodovico una casa dominicale con colombara, tezza di paglia con caneva, stalla, corte circondata ovunque da muro, con orto in contrà della Croce presso lo stesso Brutto e tanti altri appezzamenti di terra. Il lungo documento termina dicendo che ambedue i fratelli dichiararono che la chiesa della beatissima Vergine Maria della Nunziata debba essere comune a loro fratelli ed ai loro germani senza altre divisioni”.
6. Con atto 24 agosto 1616 del notaio Pietro Pollani i fratelli Girolamo, Lodovico, Annibale, Ottavio e Tarquinio si dividono l’eredità del loro padre, signor Brutto Revese. Ad Annibale viene assegnato “il Palazzetto per andare alla Madonna” (ex proprietà Biasin ora Piazza Mercato).
Nel pavimento della chiesetta troviamo iscrizioni in latino che traduco:
a) “Tumulato il 31 agosto 1737.
b) Qui giace Gaetano Commendator Brutto Revese, figlio di Paolo, sacerdote di esimia pietà, ultimo rampollo della famiglia che legò per testamento questo sacello costruito dai suoi maggiori – nobile esempio di arte antica – In nome della stima e dell’amicizia a Giovanni Scola lasciò in testamento.
Morto il 16 maggio 1888.
Il legatario perciò con animo grato pose”.
“Va ricordato (è lo stesso illustrissimo signor Alvise Revese abitante ai Carmini nell’ultimo decennio del 1700 che lo ricorda) che nel 1499 per essere aumentata la popolazione brendolana l’arciprete Giovanni Battista Zibiolo allargò quella seconda chiesa costruita più in basso della prima “sotto la rupe del castello” della quale si vedevano vestigia ancora alla fine del 1700, nel luogo dell’attuale portandola alla lunghezza di 60 piedi geometrici (9 piedi e mezzo di più di quello che era prima) e 20 di larghezza con l’aggiunta di una ala alla parte settentrionale. L’anno dopo fece dalle fondamenta il coro lungo 20 piedi aggiungendovi una sacrestia proporzionata collocando sulla parte esteriore dell’arco la scritta “Joannes Baptista Zibiolus archipresbiter templum hoc devotorum elemosinis restauravit et hanc capellam a fundamentis erexit MD”” (= Giovanni Battista Zibiolo arciprete restaurò questo tempio con le elemosine dei fedeli e costruì dalle fondamenta questa cappella l’anno 1500).
“Tutto ciò, a mezzo di un architetto di buon gusto e con le offerte principalmente di una nobile casa Revese, le memorie della cui pietà si veggono impietrite nel blasone gentilizio intagliato nei piccoli obelischi di pietra piantati sugli angoli del tetto quadrangolare del coro”. L’Alvise onestamente ascrive il merito ad una nobile casa Revese che è facile comprendere non era della sua pianta genealogica. Ci sarebbe piaciuto che avesse scritto il nome di quell’architetto di buon gusto e ciò avrebbe aiutato ad avvicinarci forse al nome dell’architetto della chiesa Revese.
IL PATRIMONIO DEI REVESE ALLA METÀ DEL 1500
Case e campi in Brendola dei Revese
Alexandro di Revese
possede ut infra: un sime dove al presente habita cum caxa dominicale vechia et meza ruinata cum teza da pagia de casi tri et una arcula, ara, orto, circa un quartiero e mezo murado in la contrà del Pisaroto appresso la via… inoltre possiede tre campi lì vicino, altri due verso S. Marcello, 110 piegore et 28 agnele, la metà di un altro sime cum caxa nova et dui casi de teza da pagia et ara pro indiviso cum Baldissera di Revexe in la contrà de la Piazola appresso la via et el dicto Alessandro, terreni in contrà del Peraro appresso la strada da Lonigo et la via del Peraro ossia de Santa Maria, in contrà dell’Olmo et de Lobia, in contrà Arcomagna, et al Palù. Inoltre un sime cum caxa da copo et teza de casi 4 murada, ara, orto in la contrà dell’Olmo appresso la via et li sui campi, quale habitada dal suo lavoradore.
Simon Revese
possede: una caxa dominicale cum columbara, cum teza de casi 12 da copo, ara, orto, murada a torno, dove al presente habita, circa mezo campo in la contrà del Cerro, appresso la via da due parte, qual se potria vendere ducati 300… possiede numerosi terreni in contrà del Rio, del Ponte, della Corte, della Degoreta, (appresso l’aqua del Bragio) delle Bogie, delle Bregole, del Peraro, di S. Maria, del Salgaredo sive Grasso, di Lobia, di Vo’, di Arcomagna, della Mora. Im contrà del Rio possiede una teza da pagia da lavoratore de cassi 4 et una arcula murada con ara et orto.
Francesco di Alojse di Revese
suo nipote: un sime cum caxa dominicale cum teza da copo et teza da pagia de cassi 4, in la contrà de la Causa appresso Zuane Valente.
Hieronimo quondam Ludovico di Revese
possede ut infra: un sime cum caxa dominicale da copo, cum columbara nova, teza da pagia de casi 9 murada et un’altra caxa da copo appresso la dicta teza cum ara, orto, cum campo uno et più passa da muro… in la contrà de la Croxe appresso la via comun et el suo brolo… se potria vendere ducati 400. Item case due da copo cum teze due da pagia una bona l’altra meza ruinada, cum ara, orto, una per habitation del lavoradore, l’altra da fitare cum un vegro cum morari dentro per mezo le ditte case appresso la gesia de la nunciada; se potriano vendere ducati 100. Egli possiede 20 campi lì attorno, altri 32 e mezzo in la contrà del Rio, appresso la via et misser Gabriele di Revese; altri due campi nella stessa contrà, 4 campi e 3 quartieri nella contrà Arcomagna, altri 13 in contrà del Molin, 3 in Vanzo e tanti altri nelle contrà Perben, Gatolo, Salgaredo, Sangoledo. In contrà Vanzo possiede anche una casa trista, murada cupada,ruinada cum orto qual è habitation del suo lavoratore. Item la mità de una casa in la Cità de Vicenza cum orto pro indiviso cum suo fratello per l’altra metà in contrà de Ponte Furo appresso la via comuna et li Civena.
Marco di Revese
possiede: La caxa in Brendola cum corte, orto, teza da copo da fen et una cesunta da torchio da metar le fagie tute da copo cum una culumbara cum un brolo de campi 31… Item una caxa da copo una teza da piagia dove sta el lavoratore, 2 altre caxete se tien cum la vechia dove tengo la massaria. Una casa da copo in la contrà del Cero in zima il brolo cum una tezeta da pagia rota. Item meza una caxa in Vicenza a Ponte Furo cum corte et un pocho de orto.
Heredi de Marco di Revese
possedono ut infra: un sime cum culumbara cum caxe brusade et una da copo da cassi 20 cum una sezonta da tenir legne et fagie cum 3 casete dove al presente se habita per essere brusada la caxa dominicale, cum ara cum orto, circa campo uno e mezo, circumdà de muro in la contrà de la Nunciada, cum garbo piantà de morari appresso dicta gesia per mezo de le dicte caxe, qual sime se potriano vender in tuto ducati 550. Item campi 31 de terra broliva appresso detto sime appresso la via et suo fratello Hieronimo, parte passà da muro… Irem una caxa murada, cupada, solarada cum teza de pagia de cassi 4 cum ara, orto, de lavoratore dove al presente habita el suo lavoradore ne la contrà del Cero. Item hanno li dicti heredi vache n° 36 factore, 4 manze de anni 1 da latare et un torro. Item campi 8 in contrà Asse, 2 in Castegile, 2 in Osa, 4 a S.Giacomo, 5 in Calexela, 1 in altura Albareo, 7 in Precomberto, 5 in Lobia, 3 in zima Lobia, ed altri nelle contrà Fontanine e Giareta.
Antonio da Revexe
in contrà de la Croxe: una casa da copo dominicale dove lui habita cum colombara et teza da pagia de cassi 4 et 2 arcula cum ara, orto circa dui quartiesi passà da muro. Una caxeta da copo cum certa muralgie et un cason de 2 arcula. Una caxa dominicale cin corte, orto ove al presente habita in pertinentia di Brendola in contrà del Vicariato. Una caxa murada cupata solarada cum teza da pagia de cassi 4, ara, orto da lavoratore in contrà del Cero. Una caxa da copo murada solarada con teza da pagia ruinada, ara, orto in contrà del Cero
Primo messer Gabriele de Revexe doctor:
in contrà de Soastena sive di Preazi una caxeta copata cum teza da pagia murada da cassi 6, ara et orto di campi uno qual è habitazione del suo lavoratore.
POSSEDIMENTI DEI REVESE NEL 1665 – 1670
Antonio Revese:
una casa da lavoratore confina a tramaontana la strada collinare in contrà del Vicariato
Antonio Brutto Revese e fratelli fu Lodovico:
Contrà del Cerro ossia della Chiesa di S. Michele ossia del Pozzetto ossia del Pozzo ovvero della Nunziata
• una casa domenicale con colombara, casara, fenile de cassi quattordici et altre comodità rurali, corte et horto, il tutto cinto da muro..la qual casa siamo soliti darla in godimento agli affittuali quando affittiamo li nostri beni.
• una casa da bracente in dette pertinenze con corte, horto e due campi di terra contigui
• una casa da lavoratore con teza, corte, forno et horto posta nelle suddette pertinenze
• una casa con forno, corte, horto et un campo di terra prativa vignata contigua a dicta casa
Contrà della Croce:
• una casa domenicale con colombara, barchessa alla Romana, et altre comodità rurali, cortivo, giardino, et horto, il tutto cinto di muro.. la qual casa mentre siamo in villa è da noi hordinariamente habitata.
• una casa da bracente con corte, horto posta nelle suddette pertinenze, et contrà..la qual casa non è solita affittarsi ma si serve per tenerli dentro diversi istrumenti rurali
Alfonso et Gerolamo fratelli figli del quondam Signor Gerolamo Brutto Revese
Contrà del Vicariato:
• una casa dominicale de camere 4 con teza da paglia de cassi due
• una casa detta il palazzetto da lavoratore con camere 4 e pocho de sezonta il tutto da coppo coperto
Guido Revese
Contrà Valle:
• una casa dominicale con tezza horto e cortivo
• una casa senza teza e poco hortole
• tengo in pugno una casa con teza e cortivo delli signori Vcenzo e Francesco Angussoli in contrà e pertinenze e confini suddetti per ducati doicento nella quale habita Bartolomeo Tanoto mio lavoratore
Alvise Revese
In contrà del Vo’:
in locco del signor Guido Revese una casa murata cuppata sollarata con
un casso tezza coperta da paglia con terra
POSSEDIMENTI DEI REVESE NEL 1809
1. Revese Brutto signor Gaetano del fu Co. Paolo
• casa mediocre da bracente affitata infime
• oratorio in piano mappa 585
2. Revese signor Angelo del fu Alvise
• casetta infima affittata in collina mappa 589
3. Revese Brutto signor Gaetano del fu signor Paolo
• casa mediocre da bracente corte orto mappa 548
4. Revese Brutto signor Paolo del fu Co. Lodovico
• casa grande abitata corte orto
• casetta infima da bracente
• casa mediocre con stalla da due boarie in collina mappa 549
5. Alfonso Revese
• casa mediocre abitata poca corte, orto in monte mappa 547
6. Revese signor Angelo del fu Co. Alvise
• casa mediocre affittata con 3 rode da molino, poca corte et orto
• casetta infima mappa 162
7. Revese Brutto signor Gaetano del fu Co. Paolo
• casa mediocre, affittata da boaria una corte
• casa con stalla da cavallo, mediocre in pianura mappa 110
8. Canonico Lodovico Revese in contrà Brolo
• casa grande abitata con adiacenze corte orto
• barchessa mediocre
• casetta infima in pianura mappa 553
9. Revese signor Angelo del fu Alvise
• casa affittata mediocre, corte, ara
• casa simile da boaria in pianura mappa 556
• casa mediocre da boaria affittata in pianura mappa 558
POSSEDIMENTI DEI REVESE ALLA FINE DEL 1800
• casa dominicale ad uso boaria con cassi 5 del nobil Angelo Revese affittata al rev. A.Domenico Giacomello
• Una casa dominicale con comodi per uso di vigilatura del nobil Co. Gaetano Brutto Revese
• una casa dominicale con tutti comodi per uso di boaria del nobil Co. Paolo Revese con cassi 9 affittata a Giovani Perin
• una casa ad uso di boaria del Co. Gaetano Revese con corte affittata a Domenico Bedin
• una casa di 4 stanze del nobile Co. Gaetano Revese affittata a Domenico Bellin
• una casa dominicale ad uso di boaria pastoria con cassi 4 del nobil Co. Gaetano Revese affittata a Antonio Frealdo
• una casa ad uso di molino con 3 rode del Co. Angelo Revese affittata a Francesco e fratello Facchini
A Brendola i Revese lasciarono le loro impronte anche a Madonna Dei Prati:
• Lodovico Brutto Revese, con atto rogato il 24 agosto 1574, nella sua casa in contrà della Croce vendette ai massari della Chiesa di Madonna dei Prati, incaricati dalla confraternita della Concezione, l’isola di un quarto di campo sita sul fianco nord della chiesa della Madonna dei Prati.
• Allargando nel 1606 la chiesa quadrata, già documentata nel 1208, cominciò ad essere meta di numerosi pellegrini così da richiedere ufficiature continue quotidiane, venne collocato qui fisso un prete carmelitano, tolto dalla chiesa di S. Rocco che fu costruita si sa dai Revese, trasformando un capitello ivi esistente dedicato al martire.
• Ingrandita la chiesa nella forma attuale, al conventino attiguo il comune pensò di chiamare ad ufficiare la congregazione dei carmelitani.
Fu scelto il carmelitano Pietro Vespa veneziano. Nel 1629 fu nominato vescovo di Paffo di Cipro (già in mano dei turchi) e poi anche amministratore apostolico di tutta la Palestina. Condannato a morte dai turchi fu riscattato e tornò a Madonna dei Prati, dove vendette tutto il patrimonio che aveva accumulato, favorito dai nobili di allora tra i quali i Revese, si ritirò quindi a Gorizia. Da vescovo officiò anche l’oratorio Revese ogni tanto quando tornava da Cipro. Così nel 1631 consacrò l’altare e diede la prima tonsura alli illustrissimi Annibale e Gabriele Revese, fratelli. Nella chiesa di Madonna dei Prati sulla parete destra accanto all’altare ora di S. Bertilla si vede una lapide con scritto in latino, che tradotta dice: “A Dio ottimo massimo – questo altare solenne dedicato a S. Antonio – Guido nato dal padre Ruggero Revese – al quale altare egli Ruggero lasciò vivente la dote per una messa settimanale – anche morendo egli la trasmise perché abbia a durare – ANNO dal parto della Vergine 1655 – 7 settembre.
Tra i frati di Madonna dei Prati e Guido, proprio il martedì 7 settembre, viene steso un lungo documento nel quale il Revese si impegna di guarnirlo anche di pala, sotto l’invocazione di S. Antonio. È la pala che ancora esiste nella chiesa ed è del Maffei. In un lungo testamento di Guido, redatto il 24 febbraio 1660, viene ordinato di acquistare suppellettili per il detto altare e disposto di ” tutte le argenterie che si troveranno alla sua morte vengano date a padre Benedetto Pace, carmelitano carissimo”.
Ho l’impressione che tra i nobili che in Brendola fino alla fine del secolo scorso possedevano case e terra, i Revese lasciarono le tracce maggiori e più significative, la prima delle quali… l’Oratorio dell’Annunziata circa il quale, in questi ultimi anni, tanto si scrisse senza tener conto che la storia si fa col nerbo dei documenti, secondo il Muratori, fondatore della storiografia moderna.
Circa l’Oratorio, stando ai documenti già richiamati, potremmo dire qualcosa di più esatto:
Se la “contrà dei fratelli” era indicata come sede dei fratelli dell’Osservanza Francescana, se i Revese diventarono eredi, come i documenti lasciano capire (Zebeto… Somaggio… Cavalli… Lionello pittore… Pietro Revese da Orzinovi… le figure della beata Eufrosina… i murari comaschi presenti come testi nella colombara di Lodovico Revese…), non siamo lontani dal pensare che tutto il manufatto attuale è frutto di più d’un restauro.
Può avere un certo valore l’attribuzione attuale basata sullo stile della costruzione, ma solo come indicazione di uno dei tanti restauri. L’Oratorio attuale è il risultato di varie manomissioni una delle quali è indicata anche nelle visite pastorali del 1646 e del 1743.