ITINERARIO NEL CENTRO STORICO
L’itinerario si snoda lungo un percorso che conduce al centro storico del paese e permette di ammirare bellezze architettoniche e scorci di un certo rilievo.
Si effettua a piedi in quanto solo il lento cadenzare dei passi può aiutare a coglierne tutti gli aspetti esteriori, ma anche favorire, in alcuni momenti, ” l’ascolto di un silenzio” che ai nostri giorni sembra innaturale e fa vagare la mente e la fantasia in quel mondo passato di cui stiamo ammirando alcuni tra gli aspetti più significativi legati alla storia vicentina e brendolana.
Si tratta di ville patrizie, circondate da parchi o giardini, che alcune nobili famiglie vicentine e veneziane già dal sec. xv avevano fatto costruire come residenza estiva , a cui spesso erano annesse ampie proprietà terriere.
Partendo dalla zona pianeggiante, dove su un poggio si eleva villa Cantarella(1) ci si inoltra in località Valle per salire , percorrendo “le scalette”(2) , alla Piazzetta del Vicariato ( 3 ) (4) (5) (6); da qui si scende per via Roma lungo la quale si incontra villa Piovene (7) fino al piazzale del Cerro (8) e poi, prendendo a destra si imbocca la provinciale; qui una sosta si impone, anche se poco agevole, per ammirare la bellezza della chiesetta Revese (9) (10). Si giunge così in piazzetta Revese (11).
(1) VILLA CANTARELLA
Costruita alla fine del Seicento dai Ferramosca, nobile famiglia vicentina che aveva grandi proprietà nei dintorni, è posta su una piccola altura e si offre alla vista con austera eleganza. Di architetto ignoto, la villa è impostata su un perimetro
rettangolare e presenta quattro prospetti, di cui i due maggiori hanno una struttura compositiva più importante. Ogni lato, pur proponendo le stesse forme architettoniche, varia nel numero delle aperture ( sette nella facciata di ponente, cinque in quella di levante e tre nei lati minori).
Alcuni tratti architettonici , come le finestrelle tra le aperture del piano nobile ed il cornicione terminale con le caratteristiche dentellature, fanno dedurre che la villa sia stata costruita nella seconda metà del Seicento; le sagome delle finestre del pianterreno e le due porte a frontone triangolare aperte al centro dei lati maggiori possono però proporre una datazione successiva intorno alla metà del settecento.
Nel sec. xix la costruzione ha subito ( soprattutto all’interno) diverse manomissioni: a tale epoca appartengono il balconcino al piano nobile del lato meridionale e alcune decorazioni nelle travi interne.
Attualmente è di proprietà della fam. Volpato, che ha realizzato l’ultimo restauro per riportarla al primitivo splendore.
(2) LE SCALETTE
La scalinata che sale da contrada Valle a contrà S. Marcello, sebbene danneggiata dal tempo, lascia intravvedere l’ originaria armonia di un effetto cromatico realizzato utilizzando l’immancabile “basalto” ( il “sasso moro”) – per le spallette laterali degli scalini e i ciottoli del piano di calpestìo – e la pregiata “scaglia rossa” per i montanti degli scalini.
(La scaglia rossa è una roccia che si è formata durante il Cretaceo superiore in un ambiente marino profondo e aperto; è più antica rispetto alle rocce che affiorano nel territorio di Brendola).
(3) PIAZZETTA DEL VICARIATO
Percorsa l’ombrosa stradina dopo la salita delle “scalette” si sbuca in un quadrivio, dove un tempo sorgeva la chiesetta rinascimentale di S.Rocco ; qui la ricchezza e varietà degli edifici richiedono una sosta prolungata.
Il luogo è silenzioso e vi si ritrova il piacere di ascoltare i rumori ed i cinguettii che, provenienti dai giardini limitrofi, ci aiutano a dimenticare la vita frenetica di oggi. Su questa piazzetta si affacciano : l’ ingresso a villa Pagello, a sinistra il villino Maluta e a destra la Casa del Vicario, che al luogo ha dato il nome.
(4) CASA DEL VICARIO
La costruzione si fa subito notare per la sua singolarità: nè villa nè casa di campagna ha conservato l’aspetto massiccio, forse di primitiva casa-torre, esaltato dal colore grigio bruno della facciata. Difficile è la datazione di questo edificio, date le numerose manomissioni subite nei diversi restauri eseguiti nel tempo; quale residenza del Vicario si può farla risalire alla fine del sec.xiv, anche se avanzi di forme architettoniche e le tracce di successive modifiche fanno supporre un’origine più remota.
L’edificio è posto su un rialzo e sembra dominare la piazzetta, come dev’essere stato quando era la sede del Vicario, l’autorità più importante della comunità brendolana già dai tempi dei Visconti e poi , dal 1404, sotto la dominazione veneziana.
Il Maccà afferma che il vicario più antico di Brendola di cui abbia trovato traccia risale al 1401, nel tempo in cui Vicenza era soggetta al Duca di Milano.Il Vicario veniva inviato ogni anno nel giorno di S. Martino, dipendeva direttamente dal Podestà di Vicenza, era scelto fra gli uomini più probi e illuminati della cittadinanza vicentina e a questo incarico non poteva aspirare chi non avesse compiuto 25 anni. Entro il primo mese dall’inizio del suo incarico, affacciandosi al poggiolo che ancora oggi si staglia nella grigia facciata dell’edificio, doveva leggere in pubblico il decreto con il quale gli si conferiva il mandato e dallo stesso luogo faceva conoscere le leggi, promulgava le sentenze su questioni o liti civili tra i cittadini della comunità di Brendola e delle altre ad essa soggette, sorvegliava l’esazione delle tasse, impediva i giochi d’azzardo , controllava lo spurgo dei canali d’acqua ed era obbligato a trasmetterne notizia al Podestà di Vicenza ogni due mesi. L’obbligo dello stipendio del Vicario spettava agli abitanti delle terre amministrate, che dovevano anche provvedere al mantenimento di due cavalli e del servo che ne aveva cura. Il Vicario aveva alle sue dipendenze un notaio ed un cursore, oltre a dodici ufficiali, tutti da lui pagati. Alla fine del dominio veneziano venne costituita una Giunta municipale di sette cittadini, sei per gli uffici di polizia ed economia ed il settimo, il Giudice, era il Vicario di prima. Con il governo napoleonico il vicariato di Brendola modificò la sua configurazione politica . |
(5) VILLA PAGELLO
La signorile facciata della villa si intravvede dietro un ampio cancello che s’apre nell’alto muro di cinta che circonda il giardino, arginato a destra dal portico del rustico.
Il progetto dell’edificio e tutto il porticato risalgono al sec.XVII, opera di ignoto architetto qui impegnato nel 1687.
Il prospetto della villa s’impone per la sua compassata eleganza, per l’armonia dei rapporti che intercorrono fra i tre piani di cui si compone; sobria e garbata, per la severità delle sagome si riallaccia agli esemplari della minore architettura cinquecentesca vicentina.
Un ampio intervallo di parete fra il piano nobile ed il sottotetto conferisce largo respiro alla composizione che riceve opportuno coronamento dalle statue, dai vasi e dallo stemma posti sopra il cornicione della facciata. Le quattro statue sono degne di nota e risentono del gusto di Angelo Marinali.
Elementi gotici, come l’arco d’ingresso al rustico ed il basamento delle colonne, sono visibili nel lungo armonioso porticato.
Il sontuoso complesso fu edificato dai Revese, ristrutturato poi da Antonio Maria da Porto, vissuto lungamente a Parma , a Firenze e nelle corti europee: a lui si deve l’ampiezza di sale e di stanze adorne di dipinti e stucchi; ora è proprietà Pagello.
(6) VILLA MALUTA
Da piazzetta del Vicariato, volgendosi a ponente si può ammirare il “villino” Maluta, fatto costruire alla fine dell’Ottocento, in stile lombardesco, sul luogo dove era l’antico oratorio dedicato a S.Rocco: grande infatti era a Brendola la devozione a questo santo, che proteggeva la popolazione dalle epidemie ricorrenti di peste e di colera. (Ancora oggi, il 3 marzo di ogni anno, viene celebrata la festa votiva di S. Rocco). La struttura architettonica è semplice e lineare, sottolineata anche dalla tinteggiatura a fasce orizzontali ocra o rosso.
La villa è circondata da un bellissimo parco, che merita uno sguardo particolare, ricco di essenze anche esotiche, disegnato da Gianbattista Cita con l’aiuto di Luigi Toniato.
Alla sinistra del portone d’ingresso c’è una densa vegetazione arborea costituita da una Thuja ( Thuja orientalis), un cedro deodora e alcuni Tassi.
(7) VILLA PIOVENE
” Luminosa più delle altre s’allunga la villa dei Piovene a mezza costa: al giardino e alle sue barchesse è argine il parco romantico..” con tali espressioni il Cevese esordisce per presentare questo edificio.
L’orientamento della villa non la rende immediatamente visibile da via Roma, dove invece domina la bella serra d’inverno alla sinistra della cancellata ottocentesca. Quest’ultima ,delimitata da due massicci pilastri di pregevole fattura, accoglie il visitatore. L’edificio presenta una chiara impostazione settecentesca; è collegata da un piccolo corpo allungato ad una barchessa in continuità con la vicina casa Girotto, un tempo adiacenza della villa. La facciata principale esposta a mezzogiorno, sormontata da un timpano, dimostra l’intervento ottocentesco, leggibile soprattutto sul dimensionamento di porte e finestre. Ottocentesco è il rivestimento della facciata con bugna a segno tenue al primo piano, di disegno più marcato al secondo. Sempre ottocenteschi sono la scala in pietra tenera locale finemente lavorata, ilportale d’ingresso alla villa con l’elaborata cimasa ed il vaso acroteriale che ha sostituito una statua sul timpano. Rimangono a tesimonianza della preesistente struttura settecentesca il leggero timpano e le statue che sormontano la villa su elaborati dadi acroteriali. Le statue , secondo il Cevese , sono ” di fattura così egregia da parer uscite dalla mano di Orazio Marinali”, anche se gli zoccoli sono inusuali nei manufatti del maestro. La facciata a mattina conserva invece intatta l’impostazione settecentesca: al piano terra due portali ad arco, ora ciechi, costituivano l’ingresso; al secondo piano tre archi a tutto sesto pure chiusi, incorniciati da due finestre rettangolari, si aprivano in quello che doveva essere un loggiato. Davanti alla villa c’è un part-terre con aiuole delimitate da cordonaturenin pietra e da piante di bosso, con al centro una fontana; a sinistra, oltre la barchessa, s’infittisce un lungo parco, ricco di piante pregiate disegnato dal letterato vicentino Jacopo Cabianca.
La valorizzazione ed il totale rinnovamento della villa, avvenuti nella metà dell’Ottocento ( come testimonia la lapide posta sul frontone della facciata) sono stati voluti dalla famiglia Piovene, in particolare da Antonio Piovene che l’aveva ricevuta in eredità dalla madre Elisabetta Cappellari. Coadiuvato dall’architetto vicentino Giovanni Miglioranza, trasformò una costruzione modesta in una villa signorile.
Oggi il complesso è diviso in proprietà Girotto e della Parrocchia di S. Michele, che l’ha adibita a scuola materna
( Ulteriori informazioni si possono leggere nel quaderno edito dall’Ass. Laboratorio Brendola ” L’ Asilo di Brendola in villa Piovene”,1998)
(8) MUNICIPIO – VILLA PIOVENE
Sulla piazza del Cerro s’apre l’ariosa loggia quattrocentesca , costruita da ignota famiglia e poi divenuta proprietà Piovene; ora è residenza del Comune di Brendola.
La costruzione viene definita dal Cevese “certo la più elegante tra quelle sorte nel territorio vicentino durante l’età gotica”. Presenta cinque archi sotto e sei sopra: più larghi i primi su colonne più alte, tutte con grosso capitello. Il muro si presenta massiccio, con spessore notevole, le colonne sono poste a reggerne la spinta vigorosa.
Una robusta torre , senz’altro di epoca precedente, dove si apre una graziosa finestra trilobata gotica si affianca alla loggia , offrendo un esempio di architettura feudale abbinata ad una residenza rurale, che ricalca modelli architettonici presenti in città. E’ ovvio, d’altra parte, che gli artisti attivi nel capoluogo, conosciuti e apprezzati dai vari proprietari di terre in provincia, fossero incaricati di costruirne le dimore di campagna.
Questa villa è l’unica , almeno tra quelle superstiti in provincia di Vicenza , nella quale gli archi si sovrappongono su due piani, è stata così avanzata dal Rupprecht l’ipotesi che essa derivi dal tipo più raffinato della villa Bertoldi di Negrar.
L’edificio , divenuto nel 1930 proprietà comunale, subì un primo restauro conservativo quando vi si trasferì la sede municipale. Un secondo recente restauro globale, condotto dall’architetto Vigato, è avvenuto nel 1987: i risultati sono quelli che appaiono ai nostri occhi.
(9) CHIESETTA REVESE
L’oratorio è dedicato a Santa Maria Annunciata e rappresenta un vero gioiello nell’architettura sacra vicentina del primo Rinascimento. Venne fatta costruire dalla nobile famiglia Revese ,che a Brendola aveva un’importante villa, di cui resta la torre, ed altre proprietà.
Anche se una lapide posta a destra dell’entrata reca la data 1466, la datazione dell’edificio è controversa (forse in tale anno fu realizzato un primo oratorio senza pretese che venne in seguito abbellito e completato), sembra comunque possibile far risalire l’attuale costruzione al periodo compreso tra il 1486 e il 1499.
La cappella è attribuita ad Alvise Lamberti da Montagnana,architetto e scultore educato in ambiente padovano, collaboratore di Pietro Lombardo a Venezia e di Lorenzo da Bologna , quest’ultimo attivo in numerose fabbriche vicentine.
Strette affinità l’edificio rivela con il prospetto della Chiesa di Santa Maria dei Miracoli di Lonigo e con la Chiesa ortodossa di S. Michele nel Cremlino di Mosca, opere indiscusse del medesimo architetto.
L’accentuato verticalismo della costruzione rivela una residua influenza gotica che seguitava ad agire nel ‘500.
L’elegante facciata è a due ordini:a) il primo risulta dal complesso di quattro pilastri intagliati con basamenti e capitelli; al centro il piccolo portale è decorato da pilastri scolpiti di fiorami ed arabeschi.
b) Il secondo ordine è formato ancora da quattro pilastri che reggono tre graziose arcate: sulle laterali si aprono delle finestre oblunghe; a coronamento spicca il caratteristico motivo a valva di conchiglia , tipico dell’architettura di Alvise Lamberti.
Sormontano tutto l’insieme del prospetto quattro piccole guglie con croci in ferro battuto.
All’interno, l’elegante ed armonica navata è ornata da grandi conchiglie dipinte, racchiuse nelle lunette superiori; la decorazione è ad affresco ed è concentrata nell’area presbiteriale. La decorazione si sviluppa anche nella zona inferiore delle pareti laterali, spartita in ampie riquadrature che incorniciano angeli musicanti circondati da seri di alloro. nella parte inferiore su fondo monocromo spiccano vasi classici affiancati da angeli , da una parte, e da due arpie contrapposte dall’altra: rappresentano il Bene ed il Male. Questo ciclo decorativo è stato attribuito al pittore vicentino Giovanni Buonconsiglio( 1465 – 1536) ed è considerato opera degli esordi di questo importante artista, formatosi sugli esempi della grande pittura veneziana del Quattrocento.
L’oratorio rimase alla famiglia Revese sino alla scomparsa dell’ultimo discendente don Gaetano Revese, che consumò tutto quello che rimaneva del patrimonio per il restauro dell’edificio ridotto in precarie condizioni di stabilità.
Alla sua morte (1888) la proprietà passò a gli Scola e poi agli Scola – Camerini.
Dal 1989 la chiesetta è di proprietà comunale; un ultimo restauro, concluso nel 1997, ha permesso di restituire all’oratorio agibilità ed efficienza statica.
( Si può visitare chiedendo al responsabile di polizia urbana; ulteriori notizie sull’edificio si trovano nel quaderno realizzato dal Laboratorio Brendola
” La Chiesetta Revese nella storia vicentina e brendolana” ).
(10) FATTORIA PIGATTI
Sul lato opposto della Chiesetta Revese è la grande fattoria costruita dalla famiglia Ziggiotti, setaioli, provenienti da Restena di Arzignano che, imparentati poi con i Salviati – Pigatti avevano qui una grande proprietà.
Tutto il complesso ha subito ristrutturazioni che hanno alterato i volumi e l’aspetto esterno con la trasformazione da villa in fattoria. Notevoli per proporzioni restano il granaio, le cantine ed il grande porticato. Ora è proprietà Ghiotto.
(11) TORRE REVESE
Della villa che i Revese possedevano nella contrada di Brendola ,cui diedero il nome che ancora oggi conserva, quasi nulla è rimasto.
Sopravvive la torre d’ingresso con il possente portale a bugne rustiche , sette sono poste a ventaglio sopra l’esigua apertura, altre ne fasciano le lesene.
Sono segni questi della presenza dell’architetto Ottavio Bruto Revese, il più illustre personaggio della famiglia alla fine del Cinquecento.
Da quel poco che rimane è possibile comunque immaginare quanto imponente fosse la villa: lo testmoniano il complesso dei poricati dorici a mezzogiorno e l’area contigua che comprendeva giardini, viali alberati, brolo e una peschiera; la proprietà comprendeva tutta la superficie attuale delle scuole e degli impianti sportivi.