LA STALLA

Ogni contadino che aveva un pezzo di terra aveva anche una stalla con almeno un paio di mucche o un cavalli, un asino, capre o pecore. A Brendola, fino agli anni ‘80 circa, la stalla era quasi sempre adiacente all’abitazione del contadino e spesso, se il numero degli animali era limitato, oltre alla porta principale ne aveva anche una piú piccola che comunicava con la cucina. così da poter accedervi in ogni momento senza passare dall’esterno.
Di forma per lo piú rettangolare, a tramontana, aveva finestrelle “a ribaltino’ per far circolare l’aria ed asciugare l’umidità provocata dal bestiame. Le mucche o altri animali erano disposti in riga uno affiancato all’altro ed adiacente al muro, sotto le finestre, si trovava lo mangiatoia con a fianco un piccolo abbeveratoio.
In tempi piú remoti si dovevano portare le mucche ad abbeverare negli “abbeveratoi” delle fontane naturali piú vicine; 1’entrata principale della stalla era quasi sempre coperta da un porticato e sopra il suo solaio trovava posto il fienile, dal quale si poteva far giungere a destinazione il foraggio senza esporsi all’esterno.

Le mucche, oltre che a dare alla luce i vitelli e produrre il latte ogni giorno, venivano utilizzare anche per il traino del carro o del giogo per arare la terra; per quest’ultimo lavoro si usavano anche il cavallo o l’asino. La mungitura veniva fatta a mano dal contadino che, seduto su uno sgabello, stringeva con le mani i capezzoli della mucca facendo uscire il latte che si raccoglieva in un secchio sottostante. Dietro la stalla vi era il” letamaio” dove il contadino, dopo aver fatto pulizia dei rifiuti organici dei quadrupedi, portava il tutto con il “cariolon” sulla suddetto “concimaia”, che ogni anno, veniva svuotata nei campi come fertilizzante della terra.
Una volta la stalla, oltre alla sua funzione principale, fungeva anche da centro sociale perché, durante le serate invernali vi si radunavano gli abitanti della contrada per riscaldarsi e per “fare filó” (la legna mancava. o doveva essere venduta per ricavare qualche quattrino.)
Le donne tessevano o ricamavano la dote, raccontavano ai bambini le filastrocche, gli uomini facevano piccoli lavori artigianali o giocavano a carte, ci si scambiava qualche opinione.

Naturalmente le stalle piú frequentate erano quelle dove c’erano piú “ragazze da marito”.
Ricordo quando andavo con amici e amiche in questi luoghi: da “Baldissera”, in via Guarenti ed accompagnati da un piccolo “grammofono a manovella”, ballavamo e ci divertivamo, malgrado il “profumo” dell’ambiente, sotto lo sguardo sorpreso delle mucche. Ora quasi tutte le piccole stalle sono state chiuse per lo scarso reddito che procuravano ed il contadino si è trasformato in operaio dell’industria.

Ne esistono ancora alcune come quelle di:
Giacomazzi, Bedin, Bertocco, Noro, Caneva, Ghiotto, Scalchi, Tovo a S. Valentino
Menon a S. Vito
Tamion, Boeche in via Muraroni
Marana, Fabris in via Goia
Ghiotto e Pertile in via Valle
Bisognin al Cerro
Pertile a Revese
Guarda e Lovato a Vò
Storato e Negretto alle Rondole
Bertozzo e Ghiotto al Pedocchio e forse qualche altra

Una stalla particolare a Brendola era quella di “OSELON” (Panozzo) a S. Valentino, perché aveva il toro per la ” Monta Taurina ” e le mucche del paese venivamo portate in questa stalla per essere fecondate. Ora la fecondazione viene effettuata artificialmente tramite iniezioni ad opera del veterinario. In passato alcune stalle erano accudite da una persona apposita che si chiamava ” il boaro”. Era addetto a somministrare il foraggio e alla pulizia della stalla. Ora queste stalle sono attrezzate modernamente, gli animali sono disposti su due file di poste, messi groppa a groppa. Ogni posta é lunga circa due metri, il pavimento e leggermente inclinato verso la corsia centrale per favorire lo scarico dei rifiuti organici che si raccolgono in una apposita canaletta e possono essere trasportati all’esterno da una griglia mobile. Le mucche vengono munte dalla mungitrice automatica; tutto meccanizzato elettricamente con un esiguo servizio di manodopera.