AGLI INIZI DEL NOVECENTO
PLATONE:
Se non desideri altro anche le piccole cose ti sembrano grandi
Il nuovo millennio nasceva, dopo la strage provocata a Milano dalle cannonate del generale Bava Beccaris, con le elezioni richieste dal generale Pelloux. Queste videro la vittoria delle sinistre con più di 200 deputati. Umberto I, trascurando le indicazioni elettorali, designò a successore di Pelloux un senatore ottuagenario, Saracco; e poco dopo, il 29 luglio 1900, il re cadeva ucciso a Monza in un attentato condotto dall’anarchico Cresci, che intendeva vendicare i morti di Milano. Un buon inizio secolo! Il nuovo re Vittorio Emanuele III incaricò a presiedere il governo Zanardelli. Questi offri il posto di ministro dell’interno a Giolitti, politico di razza che segnò le vicende italiane fino al 1914. Nel 1912 abbiamo il suffragio universale maschile e nel 1913 viene sottoscritto il patto Gentiloni: prevedeva che i cattolici votassero i candidati liberali a condizione che si fossero impegnati a non attuare una politica anticlericale.
Agli inizi del novecento era sindaco di Brendola Rossi cav. Ottaviano (1892-1902) ed il consiglio comunale era composto dai signori leggibili nel verbale riprodotto accanto. Brendola partiva da 3990 abitanti per giungere nel dicembre del 1901 ai seguenti risultati:
Nati nel territorio del Comune 144 ; nati fuori Comune 2; totale 146
Morti nel territorio del Comune 73 ; Morti fuori del territorio del Comune 4 ; totale 77
Immigrati 156
Emigrati 128
Popolazione residente 4087
Alla morte del Piovene nel 1903 e fino al 6/10/1906 era sindaco Antonio Pillon di Pellegrino.
Nel trigesimo della morte fu pubblicato un opuscolo ad opera dell’amministrazione Comunale di Brendola che raccoglieva i segni di onore e di dolore in morte del Co. Felice Piovene. Abbiamo la commemorazione in parlamento, al consiglio provinciale di Vicenza, al comune di Vicenza, al comune di Brendola con l’intervento dell’avv. Girotto e Co.Valmarana consigliere di Brendola e Sindaco di Altavilla. Si legge, in particolare, l’impegno del Conte durante l’epidemia di colera del 1886 che lo spinse più tardi a realizzare l’acquedotto. Nel corteo funebre erano presenti 22 sacerdoti con il parroco e tutte le autorità, i personaggi importanti del tempo. Adelina Sartori per volontà del Conte dispose le seguenti beneficenze:
Congregazione di Carità di Brendola, lire 2000
Congregazione di carità di Vicenza, lire 2000
Alla società operaia di Brendola, lire 1000
Ai poveri di Brendola, lire 500
Ed altri per un totale di diecimila lire.
Inoltre alla Congregazione di Carità di Brendola erano state erogate 200 lire straordinarie per opere di bene da parte dell’Amministrazione Comunale.
La congregazione di carità
Istituzione operante da anni riceveva in gestione una parte del denaro pubblico dell’amministrazione comunale in base all’art. 26 della legge 3 agosto 1862. La congregazione di carità, i cui dirigenti ed amministratori erano eletti dal Consiglio Comunale, ebbe per molti anni presidente il parroco, come è documentato da vecchie delibere di nomina dell’arciprete Andrea Caron. Questa istituzione venne abolita e sostituita dall’E.C.A.( Ente Comunale Assistenza) con legge 3 giugno 1937.
Abbiamo i bilanci di alcuni anni prima della soppressione e le cifre parlano da sole sulla situazione difficile dei vari anni, sui tagli effettuati dalle amministrazioni per sanare i bilanci.
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Anno
Entrata
Uscita
Deficienza di cassa
Fondo di cassa
1917
3.186,14
2.728,12
458,02
1918
19.154,93
20.942,35
1.787,42
1919
1.162
6.256,78
5.094,78
1920
7.310,50
7.891,80
581,38
1921
4.577
4.374,35
202,65
1922
7.589,65
7.857,35
267,70
1923
5.352
7.795,05
2.443,05
1924
7.792
9.349,70
1.597,70
1925
7.604
10.081,95
2.477,95
1926
2.848
9.687,05
6.839,05
1927
10.652
13.352,35
2.700,35
1928
2.932
9.441,75
6.509,75
1929
18.199
13.688,45
4.510,55
1930
13.450.55
7.503,65
5.946,90
1931
15.790,90
7.208,60
7.862,30
E’ il 1903 l’anno di nascita della cassa rurale cattolica dei prestiti, sotto la guida dell’arciprete Emilio Gresele. Gennari Antonio, Visco Paolo, Rigolon Antonio, Castegnero Domenico, Balbo Valentino, Visonà Nicola, Castegnaro Guglielmo ed altri 25 soci iniziarono presso la sede della Società Operaia Cattolica in contrà Chiesa l’avventura finanziaria di sostegno ai piccoli proprietari ed artigiani di Brendola. Era il risultato di una forte iniziativa del mondo cattolico a sostegno dei meno abbienti; era l’espressione di impegno verso un mondo popolato ancora prevalentemente da poveri e con scarse possibilità di sviluppo. Era già sorta la lega bianca, sempre patrocinata dal parroco, con la speranza di ottenere maggiori concessioni da parte dei proprietari terrieri, in particolare a favore dei braccianti.
Gli avvenimenti paesani e nazionali si sono susseguiti con tale rapidità da fare dimenticare e distogliere l’attenzione dal problema idrico, ma continuiamo con la nostra storia sull’acquedotto.
In data 29 dicembre 1901 viene costruito un pozzo Northon al Vò ad opera della ditta Toniolo di Vicenza, dopo che l’anno precedente alcuni abitanti della frazione si erano impegnati a sostenere metà della spesa.
In data 06 aprile 1905, abbiamo una protesta formale piacevole a leggersi ed indicativa dell’importanza dell’argomento.
“Onorevole Giunta Municipale di Brendola
In seguito aver sentito proposta di prelevare una quantità d’acqua dal pozzo in contrà Cerro per deviarla ad altra parte, i sottoscritti si fanno premura di far osservare a codesta Onorevole giunta che non è giusto pel bene d’una famiglia privare varie contrade dell’acqua che in certe stagioni dell’anno viene essere loro necessaria anzi insufficiente ai bisogni più urgenti. Pregano perciò la Suddetta a voler desistere da tale proposta per non sollevare malumori che potrebbero
Nell’anno 1905 si verifica una nuova calamità naturale che viene a peggiorare la situazione del paese:
LA BRENTANA.
La brentana è una rapida piena dei fiumi caratterizzata da un velocissimo innalzamento del livello dell’acqua e dall’alta velocità causando straripamenti o rotte degli argini. Probabilmente il nome deriva dal fiume Brenta che è il più ampio della nostra provincia, proviene dalla Valsugana e passando per Bassano, Cittadella e Padova sfocia nel mare a Chioggia. Le brentane a Brendola sono avvenimenti che succedono quasi ogni anno e da moltissimo tempo. Questi fenomeni sono causa di allagamenti che lambiscono la zona di pianura del paese, in principale luogo le zone del Palù, attorno al laghetto, delle Cavecchie e della contrà Revese essendo queste le più basse del paese. A causare questi allagamenti erano un tempo le rotte dei fiumi “Guà e Chiampo” che si trovano a monte del nostro paese e scendono, uno dalla valle del Chiampo e l’altro da quella dell’Agno e deviano verso Montebello, per poi proseguire a Lonigo, Cologna ecc. Dal nostro Fiumicello quando pioveva molto, specialmente in primavera ed in autunno, succedeva che i fiumi sopranominati rompevano gli argini o tracimavano e l’acqua che fuoriusciva veniva a coprire le terre più basse di Brendola, portando grandi quantità di fango e ghiaia, rovinando i raccolti e allagando le fattorie. Un tempo queste terre erano costantemente paludose; successivamente, alla metà del 1600, sono iniziate le bonifiche ad opera dei frati Benedettini per la zona del Palù, dei Valmarana con le rispettive degore nella zone delle Cavecchie per usufruirle a risaie e dei conti Revese per la contrà stessa. Ora questi allagamenti succedono raramente e con minore quantità d’acqua, perché nella zona di Montebello, nel 1927 venne costruito un bacino di espansione tra le sponde interne dei due fiumi. Il bacino è un ottimo regolatore delle piene su una superficie di 130 ettari circa e con una capacità di invaso di 5 milioni di metri cubi con diga innalzata sotto l’attuale strada statale N. 11 Vicenza – Verona, insieme sono stati rinforzati anche gli argini dei fiumi.
A Brendola i nobili Valmarana impiegarono cospicui capitali ( e abbondante manodopera) per bonificare i terreni piuttosto paludosi e renderli più produttivi con delle culture più razionali. Si trattava di far defluire le acque della grande palude ( che si estendeva da S. Valentino fino ai ponticelli e fino a S. Gaudenzio, una conca lacustre lunga almeno 3 Km e larga 2) verso Meledo e Lonigo (fiume Guà), ma a Meledo ci si trova a quota 44 m.s.m. mentre alla Pila siamo a quota 39 m.s.m. Ci volle dunque una serie di canali molto profondi per prosciugare la zona. Per questi lavori quante persone ci vollero e quante ‘cariolà’ di terra!.
Alcune notizie rilevate da catastici veneti e articoli di giornale inerenti le brentane a Brendola:
Catastico 7 Agosto 1484 sentenza
Sopra le differenze vertenti tra la comunità di Brendola da una parte e quella di Montecchio M. dall’altra per occasione che quelli di Brendola si gravavano che quelli di Montecchio M. lasciavano scorrere l’acqua della Guà sopra le sue campagne. L’illustrissimo Sig. Vicario Pretorio cavalcando e inerendo ad altre sentenze, condanna il comune di Montecchio M. a fare le riparazioni necessarie.
Seguono altri atti in proposito.
Catastico 26 settembre 1552 mandato
Essendo pervenuto a notizia dell’Eccel. Capitanio di Vicenza al grave danno recato dal torrente Guà nelle campagne di Brendola e nella strada Reggia per le rotte seguite nei luoghi superiori; esso Capitanio trasmesso mandato al comune di Montecchio M. che debba riparare gli arzeni e prendere tutte le rotte delle sue pertinenze,
Catastico 15 dicembre 1604
Ducale trasmessa al Capitanio di Vicenza con cui li viene comunicato che attesa la rotta degli arzeni del Guà già fatti e approvati e avendo devastate le campagne campagne di Montebello, Brendola, Meledo debba far prendere dette rotte da chi l’aspeta a norma della determinazione delle detti Savi delegati.
Giornali 16 maggio 1905
Furono forti e continue piogge che misero in piena i fiumi veneti e continua a piovere, il Guà fece una rotta dagli effetti disastrosi. Altre rotte si aprirono a monte, a destra e a sinistra compreso anche il fiumicello Brendola che a Sarego ruppe l’argine allagandone la campagna e determinando l’allagamento di Montecchio, Brendola, Meledo, Monticello di Fara, Sarego e Lonigo e tutta la zona del basso vicentino. Il ponte ferroviario dell’Orna venne distrutto, le campagne e molte famiglie erano isolate dall’acqua. I comuni chiesero aiuto alla prefettura e vennero inviati dei militari con delle barche e due vennero impiegate nel nostro paese dove erano inondati 4000 campi.
Danni causati nel nostro comune:
Strade e manufatti comunali |
£ 5.000 |
Perdite di prodotto su ettari 656 |
£ 255.000 su allagamenti continuati |
Perdite di prodotto su ettari 319 |
£ 40.000 temporaneamente allagati |
Terreni danneggiati per trasporto terra |
£ 20.000 |
Spese salvataggio |
£ 3.000 |
Brendola 17 – 18 maggio 1905
La rotta del Guà ha portato il nostro paese nella più completa disperazione. Dalla campagna di Brendola nessun raccolto si salva o si salverà le acque alte due e più metri, tutto travolgono, rovinando le culture e il terreno stesso. Nessuna persona è morta ma in pericolo sono gli animali perché nelle stalle l’acqua arriva sino a due metri, le persone ridottesi al secondo piano aspettano il cibo dalle barche venute da Vicenza molte famiglie hanno perso il raccolto dei bachi da seta, portati via dall’acqua. Se l’acqua non defluisce presto il disastro ingigantirà ogni giorno di più.
A questo proposito la gente del luogo sollecita la demolizione del ponte sul fiumicello a Sarego per aumentare il deflusso delle acque. Nessuna autorità da ieri manca dal luogo del dolore ma la sventura è immensa e invita le autorità superiori a interessarsi per dare sollievo alle tante famiglie senza pane e senza tetto. Attualmente pericola il ponte del Signolo all’Orna, è caduto il ponte al Km13 della strada Vicenza Lonigo, questa notte alle 1 è caduto il primo ponte a Sarego l’acqua allaga completamente le campagne che si trovano fra Orna – Vo’ – Meledo -Sarego
Brendola 19 maggio 1905
Lasciato da parte il ponte Signolo all’Orna si arriva in contrada Revese per la strada che soltanto nel pomeriggio è stata abbandonata dalle acque. Per arrivare a Vo’ bisogna prendere la strada del monte essendo ancora coperta dalle acque quella delle Asse. Dall’alto non si vede che una distesa d’acqua che ha trasformato la pianura in un lago emergono soltanto i rami delle piante più alte. Discesi a Vo’ si trova l’acqua che scorre sulle strade della frazione. Alcune barche condotte dai marinai mandati da Venezia, portano i viveri alle case isolate, dove, al secondo piano o in granaio si trovano le donne , vecchi o qualche maiale. Il servizio procede regolarmente grazie all’attiva vigilanza e cooperazione del Segretario Comunale Beltrame e del Medico Fenelli. Certamente non sarà breve il tempo che occorrerà allo sfogo dell’acqua, ma i raccolti per questo anno sono perduti. Sul luogo si trovano quasi permanentemente il sindaco Pillon e le altre autorità del paese.
Brendola 21 maggio 1905
A Vo’ l’acqua va lentamente decrescendo. Ieri mattina le autorità di Brendola e il presidente del Consorzio Fiumicello hanno proseguito le pratiche, perché l’acqua possa trovare sfogo al ponte di Meledo. Il lavoro é necessario, perché il bacino d’acqua tra Meledo e Brendola è continuamente alimentato dal Guà.
Brendola 22 maggio 1905
Al Direttore del quotidiano “La provincia di Vicenza” giunge una lettera in cui si dice quanto sia stata utile l’incanalazione delle acque del Guà in quanto l’acqua è rapidamente defluita, lasciando però uno spesso strato di melma e le strade in pessimo stato. A ciò si aggiunge un vivo ringraziamento ai marinai, partiti quella mattina “ accompagnati dalle benedizioni di tutto il paese…..comandati qui a Brendola dal simpatico sig. Da Re Napoleone…”.
Le barche dei marinai erano due, ma furono aiutati da alcuni volonterosi tra cui risalta il nome di un certo Cavaggion Angelo che ebbe subito ( in data 28 luglio 1905 ) dal Comitato comunale pro inondati il pagamento di £ 20 per aver aiutato con la sua barca le famiglie isolate e portato in salvo gli animali ( nella domanda scritta il 28 maggio 1905 si legge:” per 10 giorni e 10 notti non feci altro che col mez zo della mia barca portare soccorso….rischiando la vita e danneggiando il natante.”).
Nella distribuzione dei sussidi elargiti dal Governo “ per i soccorsi più urgenti alle famiglie povere più danneggiate dall’inondazione” a Brendola furono assegnate £ 600. Tale notizia riportata dai giornali, è confermata dal bilancio consuntivo
comunale alla voce “spese obbligatorie straordinarie”.
Per l’assoluta necessità di riparare le strade fortemente danneggiate dall’inondazione, per riattivare immediatamente il transito, la Giunta guidata dal Sindaco Pillon Antonio dovette prelevare dall’Esattore , senza la dovuta documentazione, data l’urgenza, la cifra di £. 1234( che risulta annotata con inchiostro rosso) per il pagamento degli operai.
Nella relazione di fine anno, allegata al bilancio, si legge “…Lavori Pubblici : un gravissimo disastro funestò il nostro paese con le rotte del Guà per le quali tutte le campagne furono devastate con la distruzione dei raccolti, Fra i danneggiati fu purtroppo anche l’Amministrazione Comunale, avendo l’impetuosa corrente rese impraticabili quasi tutte le strade in piano, danneggiando vari manufatti ai quali si dovette provvedere al riordino ed alla ricostruzione. Furono inondate le contrade del Vo’, Casetta e Rondole..”.
Fu costituita una Commissione Comunale per gli inondati composta da : Pillon Antonio, Gresele don Emidio, Rossi cav. Ottaviano,Pasti cav. Cesare, De Bortoli Isidoro, Brendolan Giobatta, Gennari Antonio; a questo comitato, oltre il contributo del Ministero degli Interni ( come già detto di £. 600), giunsero numerose offerte in denaro dai Brendolani più abbienti e generosi, come risulta dal verbale della seduta del 2 luglio 1905. Incaricati della distribuzione dei sussidi furono : Antonio Pillon sindaco, Pasti comm. Cesare colonnello, Rossi cav. Ottaviano; essi erano anche delegati a firmare la quietanza di riscossione per gli analfabeti, cosa che si riscontra spesso scorrendo le pagine del registro a tale scopo predisposto
La distribuzione delle somme avvenne nel febbraio 1906: un primo elenco registra ben 308 nominativi, cui ne va aggiunto un secondo di 60; a ciascuno venivano risarciti i danni relativamente ai campi ( suddivisi in 4 categorie, con una somma da £. 24 a £. 3 a campo) o alle case ( di due categorie £. 14 o £.8) e agli obbligati o boattieri ( £. 12).
Nel frattempo, nel gennaio del 1906, il Comitato provinciale per gli inondati invia al sindaco di Brendola il prospetto dei sussidi erogati “ ai lavoratori poveri, piccoli affittuali o piccoli proprietari “ nei vari bacini inondati; i danni constatati nel nostro comune ammontano a £. 47000, i sussidi assegnati del 20 % sono di £. 9400. Giungono inoltre sussidi dalla Real Casa, da S.M. la Regina Madre, dal Sindaco di Milano, dal Comitato Milanese e da vari oblatori; in particolare il Comitato Milanese invia £. 2000 delle quali precisa che £. 440 siano assegnate al comune di Brendola con una erogazione maggiore di quella che gli spetterebbe in base alle quote di ripartizione.
Nel maggio del 1905, quando avvenne la disastrosa inondazione, era in previsione una importante modifica del ponte sul Fiumicello Brendola a Vo’; l’amministrazione comunale aveva infatti incaricato l’ing. Agostino Zanovello di Padova di fare una perizia della spesa occorrente per sostituire le arcate in muro del ponte con due travate metalliche. Lo scopo di tali lavori era quello di abbassare il piano stradale di cm.50, senza determinare ingombro al deflusso delle acque di piena, ampliando anche il piano carreggiabile.
Il progetto proposto dall’ing. Zanovello prevedeva la demolizione delle arcate in cotto, la ricostruzione in muratura mista a cotto per i muri di testata ed il pilone centrale fino all’altezza media di metri 2 sopra il fondo del corso d’acqua, la collocazione per ogni campata ( di luce netta metri 4.85 con una larghezza di m.4) di cinque travi in ferro alte mm. 260 ; queste travi poggiavano sopra cuscinetti di ghisa ed erano legate da quattro ordini di tiranti. Su di esse sarebbero state collocate “ un suolo di travicelli di larice” sui quali poggiava la massicciata di ghiaia dello spessore di cm. 15-20. Per tutta la lunghezza del ponte erano previsti dei parapetti in ferro alti sulla massicciata m.1.10.
In base alla perizia ,il costo totale dell’opera ammontava a £. 2800. In aggiunta era previsto anche l’ampliamento del piano carreggiabile a metri 5, ciò avrebbe comportato l’aumento della spesa di £. 1381, che aggiunte alla precedente davano un totale di £. 4181.
I lavori iniziarono alla fine di ottobre del 1905, ma nel dicembre dello stesso anno fu chiesta, in corso d’opera, una perizia aggiuntiva all’ing. Zanovello in quanto le fondamenta delle murature portanti del ponte erano state gravemente danneggiate dall’inondazione provocata dalla rotta del Guà.Ciò comportò un considerevole aumento delle spese che furono complessivamente di £. 4993.68 ed un prolungamento dei lavori che si conclusero nella primavera del 1906 .
Uno degli ultimi allagamenti eccezionali a Brendola è avvenuto nel maggio del 1991. Le abbondanti piogge hanno provocato danni considerevoli a case, campagne e strade e per alcuni giorni la campagna del Palù di S. Valentino era ridotta ad un autentico lago. Pericolosi allagamenti si sono verificati lungo le Vie Einaudi e Soastene rendendo difficoltoso il traffico veicolare dell’autostrada Serenissima. Nella zona Revese gli abitanti si sono ritrovati gli scantinati e i garages immersi dalle acque meteoriche. A detta dei tecnici , la soluzione definitiva del problema allagamenti è legata al risezionamento dell’alveo del fiumicello cui è preposto il Consorzio di Bonifica Riviera Berica.
Ing. Zanovello: progetto rifacimento ponte di Vo’
A partire dal 6 ottobre 1906 il generale Cesare Pasti resse il Comune fino al 03/08/1907, quando Perazzolo Angelo facente funzione di sindaco lasciò il posto definitivo, a partire dal 15/09/1907, a Gennari Antonio che rimase fino a tutto il 1909.
Credo sia doveroso riprodurre in maniera integrale alcuni documenti a cominciare dalla petizione di contrà Valle.
Brendola 16 marzo 1908”.
“ Onorevole Giunta Municipale di Brendola
E’ noto che la passata amministrazione, qualora avesse potuto fornire acqua potabile alla frazione Valle, a mezzo del pozzo tubolare tentato presso lo Scarantello, aveva intenzione di usufruire dell’acqua del pozzo detto di Paganin per un lavatoio pubblico, allo scopo non solo di soddisfare ad un bisogno di comodità, ma ad una esigenza igienica. Ognuno sa e può vedere che le famiglie umiliche non possiedono mezzi di trasporto sono costrette a lavare la lingeria nella scarsa acqua sporca, e per mesi stagnante del fosso che fiancheggia la strada; con quanto pregiudizio della igiene domestica si può facilmente immaginare. Questo fosso diventando per molti mesi dell’anno, il deposito di tante immondizie lascia un’acqua putrida, che nella stagione estiva specialmente, manda nocive esalazioni. E’ pure noto che tutti i pozzi di Valle. Eccettuato quello di Paganin (ora perché coperto)sono più o meno inquinati: e il pozzo pubblico detto del Postin (nella parte superiore dell’abitato) in talune circostanze di pioggia continuata, dà acqua che non è assolutamente possibile di adoperare per nessun uso domestico, e forse anche nociva agli animali. Sicchè gli abitanti della parte superiore di Valle, per l’acqua necessaria sono costretti di recarsi al pozzo Paganin, ovvero salire alla fontana che trovasi nella pendice del monte, con grave disagio e perdita di tempo causa le distanze. Ora i sottoscritti avanzano una proposta, che ove fosse accolta favorevolmente da codesta amministrazione e mandata ad effetto, si potrebbe soddisfare ai bisogni di cui trattasi, e cioè fornire acqua buona e comoda alla parte superiore dell’abitato e provedere ad un lavatoio pubblico, la quale proposta consiste nel fare discendere l’acqua della fontana a mezzo di un condotto tubolare fino presso la corte Valdagno e di usufruire l’acqua di rifiuto per alimentare un lavatoio. Questo lavoro non imporrebbe una spesa grave in confronto dei vantaggi che ne avrebbero gran parte delle famiglie di Valle e del Bregolo come la pubblica igiene, la quale deve essere cura precipua di una buona amministrazione. Il testo continua come si legge dal documento.
In data 11 agosto 1908 abbiamo un’altra richiesta
All’on.le Giunta Municipale di Brendola
“ Il pubblico pozzetto esistente in contrada Revese vicino alla proprietà della Sig.ra Lia Salviati in Pigatti, sulla strada comunale avrebbe bisogno di riparazioni in tutte le sue parti ed ingrandito ed ancora merita di essere espurgato per le immondizie che vi si riversano dentro e coperto per togliere simile inconveniente applicandovi possibilmente una pompa. Tale lavoro verrebbe di somma utilità per tutte le famiglie vicine le quali non hanno altro mezzo di provvedersi di acqua potabile. I sottoscritti perciò fiduciosi si rivolgono a codesta Spettabile Ammnistrazione perché abbia con sollecitudine a provvedere acciò vengano tolti gli inconvenienti sopradetti e nell’interesse esplicitamente dell’igiene venga fornita d’acqua potabile la popolazione vicina a quel pozzo. Certi di vedersi esauditi anticipano…
In data 29 giugno 1909
Onorevole Giunta Municipale di Brendola
I sottoscritti capi famiglia abitanti in contrada Scarantello si trovano in riguardo di acqua in condizioni deplorevolissime. Per poterne avere onde provedere ai loro bisogni personali, e per uso bestiame, sono costretti ad attingere acqua in contrada Valle al pozzo comunale, ove oltre la distanza enorme avrebbero anche il disturbo di dovere aspettare, perché tutta Valle, Scarantello e parte di Goia va attingere acqua detto pozzo, e tante volte dobbiamo restare senz’acqua perché questa scarseggia. In questi casi dobbiamo chiederne quasi in elemosina a famiglia privata. Intenso bisogno che si fa più urgente in una stagione tanto calda. I sottoscritti hanno pensato di presentare istanza all’on.le amministrazione comunale onde voglia adoperarsi e mettere in pratica i mezzi necessari, promettendo che noi altri scaveremo il buco fino che troveremmo l’acqua,e il proprietario offre il terreno a gratis, essendo però che detto pozzo verebbe dietro la strada comunale che va da Valle mette in Goia è necessario che il pozzo venga coperto, e l’acqua tirata da pompa.
La richiesta venne esaudita velocemente perché in data 20/10/1909 abbiamo il conto della costruzione del nuovo pozzo.
In data 9 luglio 1909
Abbiamo una perizia dell’ing. Corato in risposta alla precedente richiesta di contrà Valle.
“Recatomi in sopraluogo allo scarnato sopra la contrada Valle per visitare la fontana che ivi si trova posso affermare che lodevole non meno che assurda è lìidea di quelli amministrati che vorrebbero adibire l’acqua di quella fontana per un pubblico lavatoio. L’acqua fu già in passato raccolta e condotta in una vasca donde esce per un tubo di ferro, ma la quantità è così poca che gli utenti per non restare dei quarti d’ora ad attendere che i secchi si riempiano, munirono il detto tubo di ferro con una spina eguale a quelle si adoperano per il vinello, spina che restando chiusa per delle ore innalza il pelo d’acqua nella vasca, si che togliendo lo spinello ne esce con forza. Lasciando la spina aperta per un cero tempo la vasca si scarica ed allora si vede uscire un filo d’acqua che, ieri, giorno di morbida, perché seguito da una notte di pioggia, si calcola desse dai 4 ai 5 litri al minuto. Per cui è da credersi quella donna del sito, la quale mi disse che durante la siccità bisogna attendere un quarto d’ora prima che si riempiano due secchi d’acqua. Assurda è dunque l’idea di adibire quell’acqua per un lavatoio, perché quando più l’acqua occorre, resterebbe in secca. E nemmeno troverei consigliabile di condurre quell’acqua giù nella contrada per uso potabile, perché quando ci sarà la siccità la contrada in alto berrà tutta l’acqua e la conduttura resterà asciutta. E poi nemmeno consiglierei codesta amministrazione di sobbarcarsi ad una spesa non indifferente per una quantità d’acqua così irrisoria. Che se la conduttura non è messa abbastanza profonda l’acqua arriva calda e nessuno se ne serve., ed approfondire la canna in quella roccia è lavoro costoso assai, mentre poi sarebbe quasi inutile.
Purtroppo la scarsità di acqua ed igiene erano causa di frequenti malattie in particolare tifo e gastroenteriti. In data 26 settembre 1910 il Ministero dell’Interno annunzia che è stata accertata la comparsa del colera nella città di Napoli e dà disposizioni in merito. Esorta a tenere pronti i locali di isolamento, a rimuovere tutto ciò che può costituire cagione di danno alla salute pubblica operando con fermezza e continuità. Ottimo, ordini perfetti!.
L’amministrazione di conseguenza decide di
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Individuare una casa da adibire a locale di isolamento.
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Acquistare una pompa per le disinfezioni degli ambienti.
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Costruire una stufa per disinfezione della biancheria del tipo consigliato dalla regia Prefettura.
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Acquistare altri 4 letti in ferro avendo già a disposizione n° 4 letti in ferro e parte dell’arredamento, sei vestaglie complete(berretto, gambali, soprascarpe..), una barella a ruote possedendo già il comune una barella portatile.
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Designare subito gli infermieri, i disinfestatori ed i trasportatori i quali dovranno essere adeguatamente istruiti dall’ufficiale sanitario.
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Attuare una attiva vigilanza sui pozzi che forniscono l’acqua potabile. Tanto la frazione Valle che Vo’ hanno a disposizione acqua potabile derivante da pozzi tubolari e da pozzi comuni. Il pozzo della frazione Valle(detto del postino) non dà acqua buona, potabile e ciò è stato indicato per mezzo d’apposito cartello. Perciò dovrà esercitarsi un’attiva vigilanza affinché la popolazione non faccia uso dell’acqua stessa in nessun modo. La frazione di S.Vito attinge l’acqua da sorgenti naturali in numero di 4, le quali però sono sprovviste di qualsiasi opera muraria che ne assicuri la protezione e la facile erogazione; perciò si stabilisce di eseguire le opere che si rendono necessarie. Che siano costruiti almeno due lavatoi nelle località che più ne abbisognano(Valle e Vò).
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Trasportare (almeno una volta la settimana) i letamai delle borgate salvo per quei casi in cui il provvedimento debba limitarsi ad un periodo più breve. I letamai situati in campagna devono essere trasportati a trenta metri dall’abitato e sistemati secondo le norme dell’abitabilità.
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Provvedere da parte del Comune alla spazzatura pubblica per mezzo degli stradini comunali ed il materiale raccolto verrà adoperato per la concimazione dei campi . La spazzatura sarà fatta due volte la settimana. Sarà necessario che durante il servizio gli stradini indossino una blusa e coprire, qualora vi dovesse essere un deposito delle immondizie, (presentemente, appena raccolte, vengono portate nei campi) convenientemente lo stesso.
La ricerca dei locali da adibire all’isolamento dei malati di colera sarà un problema per molto tempo. Dopo vari tentativi, compreso quello di trasformare i locali di Madonna dei Prati, la soluzione verrà trovata ad opera di Adele Sartori con una donazione finalizzata a tale scopo.
Successivamente, a partire dal 1910 Rossi cav. Ottaviano tornò a fare il sindaco.
L’acquedotto Piovene realizzato nel 1890 non soddisfa le esigenze dei brendolani e nemmeno di quelli abitanti in zona Chiesa. Infatti iniziano le proteste in data 3 giugno 1911.
E’ interessante leggere i cognomi e nomi dei firmatari.
Le contrade erano vive e popolate dai nostri padri. La vita era misera, ma la comunicazione più frequente e continua. Il grado di istruzione piuttosto basso, ma con l’aiuto di qualcuno si riusciva a scrivere, chiedere formalmente l’intervento dell’autorità civica. In seguito a queste segnalazioni l’Amministrazione Comunale incarica l’ing. Augusto Carraro di effettuare un sopraluogo. Il nostro ingegnere, (è lo stesso che ha fatto la perizia in contrà Valle) va a verificare la situazione dell’acquedotto dopo una notte di pioggia agli inizi di giugno 1911. Ritiene che la causa dell’intorbidamento dell’acqua sia dovuto a qualche crepaccio delle vallette soprastanti alle sorgenti del Lavo aventi comunicazione con le medesime. Questi frequenti intorbidamenti producono forti incrostazioni per cui dubito che tutta la conduttura possa essere danneggiata. Inoltre l’acquedotto manca di un serbatoio per cui non si può usare l’acqua in quantità maggiore di quella che sgorga ora per ora. Inoltre l’acquedotto, non essendo l’acqua ben filtrata, potrebbe essere popolato di colonie di bacilli anche patogeni provenienti dalla superficie del terreno.
Per ovviare a tali inconvenienti propongo
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La costruzione di una vasca filtro
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La costruzione di un serbatoio
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L’applicazione di bocche d’incendio nei centri abitati
- La costruzione di nuove condutture.
Dopo un sopraluogo con gli assessori Cesare Pasti e Luigi Beltrame l’ingegnere Zanovello stila, nei primi giorni di settembre 1911, una relazione sull’acquedotto del Lavo, sulla sorgente delle Spesse, sul pozzo di Goia e sulla diramazione per il pozzo più basso di Goia, sul pozzo della Costa, sulla sorgente e lavatoio di S. Valentino e per finire suggerisce la necessità di altri tre nuovi pozzi da collocare uno in località Pidocchio, uno tra contrà Casetta e Canove ed uno in centro a Vo’.
Sempre a settembre dello stesso anno partono una serie di analisi di laboratorio sulla potabilità delle acque di alcuni pozzi sospettati di inquinamento. Vediamo di seguito i referti delle analisi.
Le stesse analisi con equivalente risposta si hanno anche per il pozzo di Pedocchio, per il pozzo Paganin , per il pozzetto di Goia,
Dal 15 gennaio 1911 fino al 19 maggio1912 la parrocchia rimase senza arciprete in seguito all’abbandono di Emilio Gresele. Alla fine giunse a prendere possesso del beneficio rimasto vacante don FRANCESCO CECCHIN, che riposa nel nostro cimitero a partire da 18 maggio del 1949. Questo prete viene ricordato come personaggio singolare e dal carattere forte che caratterizzò per tanti anni la vita comunitaria. Ancora oggi siamo in difficoltà di fronte ai segnali forti che lanciò negli anni passati, a cominciare dall’Incompiuta. Si scontrò con tanti personaggi dell’epoca a cominciare dal sindaco Rossi cav. Ottaviano che si battevano per il frazionamento della parrocchia e la costruzione della nuova Chiesa di Vò. Scrisse un libro intitolato “il giubileo parrocchiale” e pubblicò con regolarità tutte le offerte della gente per il costruendo Duomo.
Don Cecchin con il vescovo Giovanni Fossà
In data 17 luglio 1912
“I sottoscritti abitanti di S.Vito che tante volte hanno fatto sentire inutilmente i giusti suoi lagni circa la pessima acqua che sono obbligati a servirsene; tanto più che in queste critiche circostanze di siccità che divenendo di molto diminuita viene addirittura imbevibile. Non si trata di chiedere un pozzo o acquedotto, conoscendone la momentanea imposibilità, ma soltanto si chiede una restaurazione del pozzetto deto dei Peserico per gli abitanti di questo lato, che con lieve spesa si potrebe dietro compenso del frontista, seguire per breve trato la piccola sorgente e poi con una canna, farla sortire nel pozzo predeto, opure in apposito ripostiglio, impedendo così, lunione di questa con altra lorda, che nel cammino unisce altre materie innominabili e da questa introdotte nel predeto pozzo. E’ pure utile ricordare che di tale acqua se ne servono gli alluni delle nostre scoole in tutti i tempi perché più comoda di ogni altra. Speriamo che la modesta nostra domanda, considerandone le gravi conseguenze che si possono derivare, decidano codesta benemerita Ammnistrazione a delegare tosto persona competente a verificarene il bisogno e studiarne il modo da adotarsi per l’immediato relativo lavoro. Con ossequi, devotissimi
Peserico Antonio Fracasso Vespasiano Tamiozzo Antonio Valdisolo Elisabetta Bertocco Giovanni Bortolamai Angelo Fracasso Angelo |
Colombo Annalia Peserico Luciano Pesavento Antonio Trentin .. Benati Giuseppe Trentin Ricardo Pozzan Rinaldo |
E’ un periodo di grandi proteste ed agitazione al punto che il prefetto decide di inviare un richiamo formale e dare un ultimatum all’amministrazione.
In data 16 agosto 1912
Si registra una relazione proveniente dalla Prefettura di Vicenza in seguito al sopraluogo nel comune sulla condizioni relative all’approvvigionamento delle acque potabili.
Il medico provinciale così si esprime:
- La frazione Valle, che si compone di parecchie famiglie, ha un pozzo detto del “Postin”, in muratura e provvisto di pompa, ma l’acqua non è potabile. Per tale motivo fu necessario avvisare la popolazione che l’acqua è pericolosa a bersi. Da una delle precedenti amministrazioni fu captata una sorgente detta delle “spesse” e per mezzo di una conduttura in ferro le acque furono portate fino a 200 metri dalla contrada Valle, ove i lavori si arrestarono. Il proseguimento della conduttura non può incontrare alcuna difficoltà tecnica, potendo seguire uno dei margini del sentiero pubblico, con una spesa relativamente piccola, concorrendo secondo quanto affermato l’opera dei frazionisti nei lavori di sterro.
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La frazione Milani non ha alcun pozzo e gli abitanti fanno uso dell’acqua di un fosso. Il pozzo più vicino si trova alla distanza di circa un chilometro e cioè nella località Canove Casetta. Sebbene tale distanza non sia eccessiva, pure è notevole e le famiglie non si adattano a recarvisi.. Si può facilmente rimediare all’inconveniente impiantando un pozzo tubolare con pompa trovandosi l’acqua ad una profondità piccola.
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La frazione di S. Vito (Giarette) fa uso di una sorgente che, secondo quanto si afferma dà acqua buona e potabile in ogni periodo dell’anno. Il suo punto di affioramento trovasi però su un lato della strada pubblica ed in vicinanza di un avallamento di terreno ove si lavano le biancherie. E’ facile togliere i gravi inconvenienti che da ciò derivano, rintracciando la vena d’acqua al di sopra della strada ed ad una profondità maggiore, per assicurarla dagli inquinamenti, e quindi captarla per mezzo di un pozzo tubulare in ferro, provvisto di pompa o in muratura; in questo caso convenientemente coperto e provvisto di prese di pompa.
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La frazione S.Valentino fa uso d’acqua sorgiva raccolta in un pozzo scoperto situato in vicinanza di un lavatoio. Da qualche tempo però il pozzo si è asciugato e il punto di saturazione delle acque trovasi entro il lavatoio.La frazione quindi è priva di acqua e deve ricorrere ad un pozzo di proprietà privata. Poiché è facile rintracciare il decorso della falda in punti soprastanti al primitivo punto di erogazione, si può benissimo rimediare all’inconveniente e con spesa relativamente lieve per mezzo di un pozzo tubolare in ferro, munito di pompa. Dalla relazione fatta dall’ufficiale sanitario si rileva che anche i pozzi della frazione Costa, della contrada Gambara di S.Vito è necessario che siano convenientemente sistemati, come è necessario che tutti i pozzi di uso pubblico esistenti nel comune devono essere, se non lo sono, accuratamente coperti e provvisti di pompa.
Dalla stessa relazione si rileva come esistano gli inconvenienti che diedero luogo ai reclami fatti a questo ufficio. Essendo quindi necessario porre rimedio senza il minimo indugio debbo invitare la signoria vostra a convocare il consiglio comunale entro il termine di 10 giorni dalla data di ricevimento della presente.
Il Prefetto.
In data 7 ottobre 1912
Ritorna una richiesta per il pozzo detto Tassoni in zona Chiesa essendo insufficiente il pozzo in piazza, ma nessuna risposta venne data.
In data 20 marzo 1914 parte una nuova petizione al fine di ottenere una copertura del pozzo, onde evitare che marmaglie di giovani,inconsapevoli del danno che provocano, gettino sia feci umane che terra frammista a letame animale. Inoltre chiedono venga posta una pompa sia per l’igiene pubblica, sia per evitare di prendere acqua in piazza scarsa e fangosa. Si ritrovano le trentacinque firme della petizione precedente iniziando da Alessandro Ferrari.
Agli inizi dell’anno 1914, sindaco Rossi, vennero inaugurati l’ufficio postale e telegrafico insieme alla prima cabina dell’energia elettrica di Ghiraldello Antonio, costruita dall’ing. Marchetti.
Nel mese di agosto del 1914 ritornò sulla poltrona di sindaco Cesare Pasti, rimanendovi fino a dicembre 1919.
Nell’anno 1915 si provvede anche alla sistemazione del cimitero con il restauro della cella mortuaria e la stuccatura delle mura in sasso che delimitano l’area cimiteriale. Inoltre il Comune nella persona del sindaco Cesare Pasti acquista da Brendolan Giobatta fu Giovanni un’area di terreno di 800 metri quadrai per la prossima costruzione delle scuole di S. Vito.
Nell’anno 1916 Brendola aveva 333 militari sui fronti di guerra e tanta angoscia nelle famiglie accresciuta ogni giorno dalle comunicazioni di morte. La vicinanza del fronte permetteva di capire i momenti critici degli attacchi e delle azioni militari. Il 15 maggio 1916 ventimila persone furono sgomberate velocemente dall’altipiano dei Sette Comuni e si riversarono in pianura quelle di Asiago a Noventa, quelle di Arsero a Lonigo, quelle di Tresche Conca a Nanto, quelle di Gallio ad Alettone, quelle di Roana, Canove, Camporovere a Poiana Maggiore, quelle di Cesura a Campiglia, quelle di Rotzo a Barbarano e Villana. A Brendola si riversò come retrovia del fronte e come probabile linea difensiva una massa di soldati ed artiglieri. Presso Villa Piovene era dislocato un circolo ufficiali.
I numeri dell’esercito brendolano si possono riassumere in 735 soldati, 65 morti, 100 feriti, 8 mutilati, 70 prigionieri, con conseguenti orfani e vedove di guerra. La fine della guerra non aveva minimamente migliorato le condizioni generali e aveva creato tante aspettative nei giovani combattenti che ora si trovavano senza lavoro e in condizioni peggiori di quando erano partiti. La prima guerra mondiale aveva impresso un nuovo corso alla storia e aveva portato in sé i germi di un mondo diverso aprendo una nuova epoca. Aveva rotto gli equilibri precedenti e scatenato indirettamente i nazionalismi. La guerra non aveva dissolto solo gli imperi plurinazionali, ma anche e più profondamente gli equilibri sociali e politici. Grandi masse di combattenti, in larga parte contadini, concentrate nelle trincee, erano venute acquistando consapevolezza della propria forza ed una maggiore coscienza politica; allo stesso tempo avevano maturato l’esigenza acuta di un diverso ordine sociale che le ripagasse dei sacrifici. Inoltre nel colmo dello sforzo bellico le stesse classi dirigenti avevano promesso “la terra ai contadini”. Anche i ceti medi, che erano stati chiamati a esercitare funzioni rilevanti e a fornire i quadri degli ufficiali e sottufficiali dell’esercito, subirono una perdita e un degrado del loro stato sociale a causa della forte svalutazione della moneta. L’industria si era sviluppata creando nuovi ricchi ed impoverendo ancor più gli operai. A Brendola, come in tutto il basso vicentino, gli anni del dopoguerra furono terribili e vennero definiti “anni di fuoco”2. L’attività della Chiesa e del parroco fu enorme e continua per contrastare la lega rossa. La famiglia Giovanni Girotto, ancora una volta vicina alla Chiesa, si impegnò a trovare soluzioni cooperative per la lavorazione della terra con il supporto della lega cattolica e dell’arciprete, stipulò un contratto d’affitto per 300 campi ad 80 famiglie. Precedentemente registriamo un tentativo di rispondere ai problemi del momento da parte dell’amministrazione comunale che commissiona un progetto all’ing. Enrico Albarello. Questi così scrive: “in questo tempo in cui la disoccupazione richiede largo ed immediato impiego di manodopera viene naturale ritornare riportare a galla antichi progetti che non furono attuati per la preoccupazione di eseguire un’opera di lusso. Tale appunto è il progetto attuale di allargamento e sistemazione del piazzale della Chiesa di Brendola. In tale opera possono facilmente impiegarsi gran numero di braccianti per l’escavo e trasporto materiali, sia di rifiuto che per la costruzione di muri, come pure molti muratori che a Brendola costituiscono una classe numerosa e disoccupata. Unitamente a tale lavoro, vagheggiato da tanto tempo, viene allegata la proposta di un’opera di assoluta necessità igienica e civile: un cesso pubblico che ora manca assolutamente. Il cesso dovrebbe provvedere a tre gabinetti, due per uomini ed uno per donne, con orinatoi e vasche sottostanti per la raccolta delle materie e due vasche a lato per la depurazione da eseguirsi con carbone e materie ossidanti. I cessi dovrebbero essere muniti di vasi in ghisa smaltata e sifone perché si potranno fornire anche dell’acqua necessaria passando l’acquedotto molto vicino”. Il progetto restò tale e non trovò seguito immediato, mentre concretamente si adoperò la comunità religiosa con il solito don Francesco Cecchin. Il 2 settembre 1919 veniva introdotta la nuova legge elettorale che, oltre allo scrutinio di lista e alla rappresentanza proporzionale, introduceva per la prima volta in Italia il suffragio universale maschile dai ventun anni in su.
A novembre abbiamo le elezioni amministrative. Era infatti giunto a Brendola il commissario prefettizio Perroni di Montecchio Maggiore che nello stesso anno viene sostituito dal nuovo sindaco Bortolo De Bortoli di S. Vito, che conservò l’incarico fino al 22/10/1922, sostituito nuovamente dal commissario prefettizio Luigi Libondi di Montecchio Maggiore Il 19 settembre del 1920 si inaugura l’asilo Infantile in villa Ferrari. Nel 1921 abbiamo la fondazione del Partito comunista ed il movimento dei Fasci si trasforma in Partito nazionale fascista. Le nuove elezioni del 1923 avvengono in un clima di terrore e minacce. Nonostante questo i fascisti per formare una nuova amministrazione sono costretti ad allearsi con il decrepito partito liberale.
Prima dell’insediamento della nuova amministrazione il commissario Luigi Libondi svolge una relazione estremamente illuminante sulla situazione del momento:
“ ..appena avuto la consegna dell’Ufficio fu mia cura preoccuparmi della sistemazione della contabilità, con l’aiuto del Sig. Sprea Narciso. Abbiamo riesaminato i conti precedenti fino al 1921 ed abbiamo diviso le passività in due categorie alla prima per lire 114.00 provvederà un mutuo con la cassa DD.e PP, alla seconda un mutuo di lire 155.000 con la cassa di Risparmio di Verona. Inoltre ho provveduto ad un prestito di lire 100.000 con l’attuale esattore Sig. Beltrame Luigi, così l’amministrazione avrà subito i mezzi per liberare il comune dalla lebbra dei debiti urgenti che ne intralciano l’opera e ne minacciano la stessa funzionalità. Per aderire a vive premure di industriali, (chi erano?N.R.) di negozianti, e di aziende agricole locali ho ripristinato il servizio di Messaggeria postale da Tavernelle a Revese allo scopo di avere la posta nelle ore antimeridiane anziché nel tardo pomeriggio come ciò avviene normalmente, con grave scapito per gli interessi locali. Vedrà l’On. Amministrazione di risolvere in via definitiva e sufficiente anche la questione dei trasporti Brendola Vicenza e viceversa allo scopo di avere un servizio particolare, autonomo e sicuro (il problema non sembra ancora risolto e siamo nel 2003). Ho mantenuto per un semestre l’aumento già deliberato a favore dell’arciprete pel mantenimento di due cappellani; ho restituito ai salariati licenziati dalla Giunta quanto il Comune aveva trattenuto delle loro paghe per la loro iscrizione alla Cassa di previdenza mai effettuata; ho confermato l’attuale ricevitore al dazio Ghiotto Adolfo;
Mutui in carico
Con Cassa rurale dei prestiti Lire 21.000 iniziato 1921 rinnovato
costruzione scuole al Vò Lire 25.000 iniziato 1910 scade 1945
costruzione edificio scolastico del centro Lire 49.800 iniziato 1914 scade 1948
disoccupazione Lire 80.000 iniziato 1920 scade 1955
costruzione fabbricato scolastico S.Vito Lire 46.000 iniziato 1923 scade 1958
Dovrei dilungarmi ancora sulla raccomandazione di una attenta gestione contabile, ma….Ho ravvisato anche la necessità di pareggiare lo scoperto del comitato pro – monumento ai Caduti, per non lasciare trascinarsi ancora di più un pendenza, la cui soluzione avrebbe dovuto essere affidata ad uno slancio finale della generosità cittadina. Non parliamo del titolo Piovene (diecimilalire), depositato presso la cassa di risparmio del Monte di Pietà di Vicenza, che rende il 5% di interesse mentre il Comune sta pagando il 6,25% sui prestiti. Quanto poi al lavoro di riordino dell’acquedotto curi l’Amministrazione Comunale di portarvi quegli studi che valgano a darvi una buona volta una soluzione definitiva. Nelle contabilità del Comune troviamo disseminate delle spese per progetti e per piccoli rattoppi, che non hanno mai avuto il vantaggio di eliminare i veri inconvenienti(Siamo stati i primi ad avere l’acquedotto, ma ora le cose non vanno molto bene). L’amministrazione potrà aggiungere a quel lavoro anche tutto quanto concerne altre derivazioni di sorgenti nelle varie contrade, migliorando il servizio idrico in modo corrispondente ai bisogni locali. Tenti l’amministrazione comunale di addivenire alla istituzione della Mutualità Sanitaria destinata ad arrecare molto bene alle famiglie. Questa forma di cooperativismo è in largo uso in Provincia con ottimi risultati. Si chiedano istruzioni a Montebello od a Gambellara ove le Mutualità sono fiorenti e benedette da tutti. Ho inoltre apportato aumenti agli assegni destinati alla Congregazione di Carità, al Patronato scolastico ed agli Asili; istituzioni che meritano tutto il nostro affettuoso interessamento. Il servizio sanitario funziona egregiamente e attraverso una commissione ho aggiornato l’elenco dei poveri. Per quanto riguarda la manutenzione delle strade raccomando di usare breccia proveniente da sasso vivo spezzato al posto di quello che comunemente viene chiamato mastego, che d’estate il vento spazza via come polvere friabilissima e d’inverno si trasforma solo in fango continuo. E’ in corso anche la demolizione della costruzione eseguita dalla autorità militari sul fondo del Comune davanti al Municipio. Ho convenuto con il sig. Gennari Antonio 200 lire da pagarsi a fine lavori di sistemazione della strada dei Muraroni. Non parlo della scarsa pubblica illuminazione: troppe contrade abbandonate. Alla frazione del Vò potrebbe essere istituita la 4° classe. Seguendo le direttive del Governo ho convocato attraverso le organizzazioni fasciste i datori di lavoro per concretare il modo di impiegare qualche povero bracciante che non trova il mezzo per guadagnarsi la vita. Ringrazio la passata amministrazione per avere deliberato un contributo di 80.000 lire al Consorzio di Bonifica Fiumicello Brendola. Ed ho finito. Vorrei che la chiusa di questa mia disadorna relazione potesse acuire la vostra attenzione e rendo vive grazie a tutti voi ed al Paese intero, assicurando che serberò buona memoria della virtù di questo popolo lavoratore e cortese.” 18 febbraio 1923, il commissario prefettizio Luigi Libondi.