Via MonteRosso
Provenendo da Via Dante e lasciando alla sinistra la casa della famiglia Pillon, la strada volge verso Via Monterosso. Cinquanta metri più avanti si apre a sinistra una stradina sterrata, che conduce alla fattoria Dani Bruno e fratelli, detti Sansugaro. Attualmente vi abitano Dani Giulio del 1932 e Dani Michela, vedova di un Fabris (Via Monte Rosso 1). Giovanbattista o Giobatta Dani scende da Priabona con la famiglia, quindi si ferma ad Arcugnano, per sistemarsi poi definitivamente a Brendola. I Dani sono agricoltori. Tengono casa e proprietà in Via Monterosso, dopo l’attuale cabina.
Una stradina un po’ ripida, disegnata tra colture e vigneto, conduce all’abitazione: una casa con granaio, stalla e fienile, secondo la tipologia rurale del luogo, edifici pitturati e con le tavelle del sotto-tetto decorate. Hanno 10 figli: 4 maschi e 6 femmine.
Sono tanti figli. Uno, Francesco viene mandato da Buso, fornaio alla colombara. Altri emigrano. Angelo si sposa e continua le attività di famiglia con dodici figli.
Dietro sorge un’altra casa che apparteneva a Barbaro, un signore di Vicenza, e che era tenuta in affitto dai Tovo. Vi abitava Tovo Giuseppe.
“Storia di famiglia”Tovo Giuseppe
Tornati sulla strada che prende il nome di Via Monterosso, dopo circa 200 metri, la carreggiata si apre in un bivio.
Lì, ecco il capitello del Monterosso, dedicato alla Madonna. L’edicola, in pietra, con timpano sorretto da paraste, va collocata alla fine del secolo XVIII°. E’ di proprietà Marzari Antonio.
Dietro il Capitello sorgono tre abitazioni che appartenevano ai Marzari. La prima è rimasta sempre alla famiglia Marzari e vi ha abitato Antonella Carolin, Carolina in Marzari Barcaro.
Rimasta vedova di Riccardo, con due figli (Antonio e Jone), sposò Giuseppe Marchetto, detto Bepi Pajo che aveva un fratello da sposare di nome Emilio.
Emilio e Giuseppe Marchetto, Milio e Bepi Pajo abitavano in Via Monterosso; erano cugini degli altri Marchetto, Attilio e Giovanni.
Gli altri due edifici, quando un ramo della famiglia Marzari/Barcaro (Eugenio Marzari, fratello di Riccardo va a Pavia per fare il ferroviere) si trasferì, furono acquistati dalla famiglia Panozzo Giuseppe (figlio di Panozzo Ermenegildo), marito di Romedia Bisognin, sorella di Nardo.
Per molti anni gli edifici avevano ospitato “l’osteria del Capitelo” (nella casa acquistata da Viale elettricista).
Al Capitelo la strada diventava (e diventa) “un abbraccio”: strada sopra e strada sotto, entrambe per arrivare in Via Monterosso e in Via Postumia. In mezzo si elevavano le case e i cortili dei Graser: Angelo e Domenico; quella di Massignani Teodosio, detto Mudolon, con i figli Bijo e Ino.
Salendo per la stradina a sinistra del Capitello, sulla sinistra della strada, si incontrava la casa di Michele Sambugaro. L’abitazione verrà acquistata dalla Famiglia Guido Marchetto.
“Storia di famiglia”Sambugaro Cristiano
Oggi. Resta Marzari Antonio/Barcaro che eredita la casa paterna (la sorella Jone si è costruita l’abitazione sulla destra della strada).
Morto il capostipite, i fratelli Panozzo spartirono e vendettero l’abitazione di Via Montereosso a Viale elettricista.
Ritornati al capitello e proseguendo a destra, ora la strada prosegue in rettilineo fino a quando non diventa nuovamente bivio.
Proseguendo a destra si giunge a San Vito, svoltando a sinistra si incontra la casa abitata da Sambugaro Giuseppe ed Edvige (e, prima di loro, da Sambugaro Antonio con la moglie Todesco Santa e i figli: Ubaldo , Emilio, Giuseppe, Angelica); e 30 metri più avanti, in salita, ecco la corte dei Graser con tre famiglie: quella di Domenico che faceva il mediatore di bestiame e commerciava in granaglie; l’abitazione di Angelo e quella di Graser Luciano, che viveva da solo.
“Storia di famiglia” Graser Luigi
“Storia di famiglia” Graser Giovanni
La via, poco più di una strada vicinale, si divide: a sinistra si sale al Monte Rosso; a destra, invece, si prosegue con Via Postumia già Strada delle Grotte.
Poco più avanti diventa nuovamente bivio, a destra si scende verso il capitello, sopra la strada, si incontra la casa di Marchetto Guido – Armando, detto Pajo che sposa Adelia Rezzante.
L’abitazione un tempo apparteneva a Sambugaro Giovanni e Ina, genitori di Achille, Clara e Igea Sambugaro. Viene quindi rilevata da Sambugaro Michele.
Igea sposa Beppino Graziadio e ha due figlie: Franca e Gianna.
Michele Tovo
Michele Tovo, figlio di Giuseppe, esercitava molti mestieri: il contadino, il conducente, il noleggiatore…il barbiere. Possedeva carretto e somaro.
Durante la settimana, su e giù dalla collina, era una grossa fatica. Ma la domenica Michele si lisciava i baffi e vestiva il grembiule bianco del barbiere. Tagliava I capelli ai vari clienti, fedelissimi, per tutta la mattina.
Viveva da solo Michele, lui e il suo asino. Quando uomo e bestia erano fuori per servizio, la viottola di adduzione alla casa veniva occupata dalla carriola. Era il segnale di: “Non disturbare! Sono fuori!” La porta di casa era appena accostata: da rubare non c’era niente.
I Sambugaro
Venivano da Gallio, per tentare la sorte in pianura; correva il tempo tra la seconda e la terza guerra di indipendenza.
Cercavano lavoro i Sambugaro. Un documento militare, intestato ad Antonio, lo definisce: zappatore e reca una data: 1852. Di mestiere l’uomo faceva l’imbianchino, ma all’occorrenza si arrangiava con molti lavori. Approdò con i fratelli a Sossano e, infine, arrivò a Brendola.
Oltre al lavoro della terra, come bracciante, si occupava anche di pecore. Il mestiere lo conosceva.
Trovò casa al Capitello, acquistò la proprietà dalla sorella della moglie Santa Todesco (fu Giorgio – come attesta l’atto notarile di stipula del 29/8/1899), ebbe tre figli maschi e una femmina; ma due, Ubaldo ed Emilio, se li portò via la Grande Guerra. In seguito la famiglia si spostò un po’ più in su, in Via Grotte, dove oggi abita Aldo-Ettore Sambugaro.
I Graser
Venivano dall’Altipiano, da Roana e facevano i pastori. Famiglia di antica origine, può vantare un antenato sicuro fin dal 1700. Avevano vissuto le vicende, per molti aspetti incomprensibili, del mutamento di leggi e di abitudini, seguito all’unificazione del Veneto all’Italia. La vita era completamente cambiata.
I pascoli, in affitto, ora costavano di più e il margine di guadagno s’era assottigliato (La famiglia Graser prendeva in affitto un’intera montagna, durante la buona stagione).
Nel 1900 il nonno Giuseppe scende da Asiago con la famiglia e il gregge. La meta è Brendola e la casa provvisoria, in affitto, è quella successivamente occupata dalla Famiglia Maran e che, poi, diventerà l’Osteria del Cerro. Sotto il nobile arco a volta passa e risuona il belato delle pecore.
Poi Giuseppe compra casa alle Cà Vecchie. Intanto scoppia il Primo conflitto mondiale. I pascoli di proprietà, ad Asiago, vengono disseminati di buche e materiale bellico.
A Brendola Graser Giuseppe continua la sua attività di pastore. Non è un brutto mestiere, specialmente quando la polenta (di rado il pane) si accompagna a una porzione di formaggio, piuttosto che a un tegamino di fichi rinvenuti o a un piatto di verdura mal condita.
I Graser si sentono fortunati: rispetto alla maggior parte delle famiglie di Brendola, economicamente, non stanno male. Terminata la guerra ricevono dallo Stato il risarcimento per i danni subiti.
Il vecchio allora acquista casa per il figlio Graser Giovanni: casa attuale dei Graser in Via Postumia; e per Graser Antonio a Grancona.
Le proprietà di Asiago vengono vendute. Con i soldi realizzati, il vecchio Giuseppe acquista sei campi per Nazareno, uno dei figli, alle Ca’ Vecchie.