BIANCAROSA SQUAQUARA

 

 

LA CHIESA VICENTINA E LA RELIGIOSITÀ POPOLARE

L’esame della situazione religiosa del 400 comporta necessariamente una distinzione tra gli ambiti nei quali opera la religione e ognuno di essi è un mondo complesso e difficile da analizzare; tutti comunque dimostrano il grande influsso che il senso religioso aveva in quegli anni e la profonda ricerca di un rinnovamento che riconducesse la chiesa alle origini secondo gli insegnamenti di Cristo; cammino questo non certo facile da raggiungere e che sfocerà nella Riforma Luterana e nella Riforma Cattolica del Concilio di Trento.
L’analisi che seguirà prenderà in esame:

• le vicende tra Papato e Repubblica Veneta che coinvolgono anche la chiesa vicentina

• la religiosità popolare.

 

LE VICENDE TRA PAPATO E REPUBBLICA VENETA CHE COINVOLGONO ANCHE LA CHIESA VICENTINA

La Repubblica Veneta aveva intrapreso una politica espansionistica in terra ferma condotta dal doge Francesco Foscari e, avendo già occupato le terre di Padova e Vicenza , si dirigeva verso Verona e Milano, ma un interesse particolare era riservato al Friuli che avrebbe garantito il controllo dei passi alpini e l’accesso alla Germania.

Fu la corsa al possesso di questa terra che indusse Venezia ad inserirsi nelle vicende ecclesiastiche del tempo e il doge vide nella elezione del veneziano Angelo Correr a papa , col nome di Gregorio XII una splendida opportunità per perseguire la sua politica espansionistica.

Gregorio XII era il primo papa veneziano e per questo l’avvenimento fu celebrato a Venezia con grande entusiasmo, ma il doge comprese molto presto che non avrebbe potuto fare affidamento sul papa per raggiungere i suoi obiettivi e il suo entusiasmo si affievolì, anzi il doge cambiò atteggiamento e appoggiò il papa Alessandro V, eletto nel concilio di Pisa e ridicolizzò il tentativo di Gregorio XII di indire un concilio a Cividale del Friuli in contrapposizione a quello pisano.

Anche a Vicenza si ebbe la conferma del nuovo atteggiamento assunto da Venezia in politica ecclesiastica in occasione della nomina del vescovo Pietro Emiliani, fatta dal papa pisano Alessandro V, il 12 Agosto 1409.

Il nuovo atteggiamento della repubblica non ottenne l’unanime consenso del clero veneto, il quale si sentiva invece più incline alla religiosità di Gregorio XII, comunque il governo si mostrò inflessibile con quei religiosi come gli Eremitani di Padova e di Vicenza che contrastavano gli indirizzi del governo Veneto. Da allora Venezia si allineò con Alessandro V e poi con il suo successore, Giovanni XXIII.

Venezia si preoccupa non poco per la sua situazione territoriale e politica quando Giovanni XXIII, sollecitato dall’imperatore Sigismondo, indice il concilio ecumenico di Costanza (1 Novembre 1414), infatti da più parti sarebbe venuta l’opposizione a Venezia che, a parte la sua buona relazione col pontefice , non poteva contare molto neppure sugli ecclesiastici dei suoi stati. Tra i vescovi veneti primeggiava per cultura e rettitudine di vita il vescovo di Vicenza Pietro Emiliani, sul quale il governo veneto aveva riposto tutta la sua fiducia, ma la sua posizione e presenza al concilio di Costanza non furono per nulla favorite. A questo concilio partecipò invece un laico vicentino, il letterato Antonio Loschi, ben noto nella corte pontificia di Giovanni XXIII, il Loschi si allontanò da Costanza nel 1415, quando ebbe il sospetto che il suo protettore sarebbe stato deposto. Forse per la sua condotta poco lineare, il Loschi non era ben accetto ai veneziani, e si dichiarò favorevole al nuovo papa Martino V.

Venezia, sicura dei suoi obiettivi, approfitta delle divisioni interne tra i Friulani, conseguenza della politica poco chiara dell’imperatore e del patriarca Ludovico Teck, e occupa nel 1420 il Friuli. Tale consolidamento territoriale e l’accesso alle vie verso la Germania garantiscono il totale appoggio delle altre città venete.

I forti contrasti tra Venezia e i Visconti di Milano si complicarono con la questione religiosa del concilio aperto a Basilea il 23 Luglio 1431 dal papa Eugenio IV successo a Martino V.

Questo concilio aveva per programma le riforme ecclesiastiche, ma la forma in cui tale programma viene presentato, suscita i contrasti del papa dato che investe le teorie conciliariste già precedentemente suggerite da Marsilio da Padova che portavano alla deroga delle dottrine cattoliche e quindi provocarono l’opposizione pontificia.

È su questa rivalità tra papa e concilio che si inseriscono le vicende politiche di Venezia e Milano.

Eugenio IV nel 1431 si era offerto quale mediatore di pace tra le due città, ma tale proposta non approdò a nessuna soluzione. Fu comunque stipulata una tregua di cinque anni tra l’imperatore ed il procuratore di Venezia Andrea Donato, e successivamente l’imperatore e Venezia condussero trattative per appianare i rapporti tra papa e concilio.

Il successo dell’azione diplomatica di Venezia e dell’imperatore per indurre Eugenio IV ad aderire al concilio, si misura quando nel 1434 si accettano come presidenti del concilio l’arcivescovo di Taranto Giovanni Berardi, Pietro Donato vescovo di Padova e Ludovico Barbo.

Anche il vescovo di Vicenza F. Malipiero partecipò al concilio di Basilea e con lui c’erano anche l’abate di San Felice Pietro Paruta e l’arcidiacono della cattedrale Antonio dei Candiani.

Il papa doveva risolvere con decisione la questione dei territori friulani rivendicati dal patriarca di Aquileia Ludovico Teck e nonostante l’appoggio del concilio che minacciava il doge di scomunica se non fossero stati ceduti i territori al patriarca, Venezia chiese l’appoggio del papa Eugenio IV che la assolveva da ogni censura.

La questione del Friuli comunque veniva accantonata e perdeva ogni importanza con la morte del patriarca Teck e la successione di Ludovico Trevisan. Per quanto riguarda i rapporti tra Venezia e Milano, si verificarono scontri tra le parti e il teatro delle battaglie fu anche in territorio vicentino e particolarmente presso il castello di Brendola, che da allora passò ufficialmente sotto i veneziani.

 La caduta di Costantinopoli (1453) e la pace di Lodi (1454) nonché la nomina del nuovo patriarca Ludovico Trevisan permisero di risolvere definitivamente la questione: il patriarca rinunciava ai suoi diritti temporali sul Friuli e riceveva in cambio da Venezia un versamento annuo di 3000 ducati. Papa Nicolò V decretava Venezia come sede metropolitica e Lorenzo Giustiniani diventa il primo patriarca di Venezia.

Lo stato della repubblica veneta, assai tollerante verso le varie correnti di pensiero religioso, conservò sempre una impronta decisamente cattolica. Sempre operò per promuovere e proteggere la fede tra le popolazioni venete, favorendo la costruzione di templi e combattendo contro i nemici di questa fede. Le proprietà monastiche in generale, ma anche quelle vicentine in particolare aumentarono con l’avvento della dominazione veneziana. Venezia cercò in tutti i modi di intromettersi nella politica ecclesiastica, pur con fini benefici, vigilando sulla amministrazione dei beni delle chiese e valutando la condizione economica delle stesse. Per quanto riguarda i tribunali, la tendenza era quella di assoggettare tutti i sudditi e quindi anche il clero al tribunale secolare.

Un’altra grave questione irrisolta che costituiva una minaccia pressante per Venezia era la presenza dei turchi in Terra Santa e nei territori vicini alle colonie venete dell’Adriatico.

Molti erano stati i tentativi condotti da più parti per giungere a sanare tale dissidio, ma quasi tutti erano risultati vani. Ricordiamo la crociata indetta da papa Eugenio IV nel 1443, la dieta di Ratisbona (1451) dove l’imperatore Federico III aveva sollecitato anche il doge a difendere la cristianità contro i Turchi. Predicatore della crociata contro i Turchi era stato S. Giovanni da Capestrano conosciuto nella nostra città perché nel 1451 aveva predicato per dodici giorni.

Papa Callisto III aveva dato ordine agli Osservanti francescani in data 8 maggio 1455 di tenere a disposizione della S. Sede 6 religiosi per le predicazioni di una crociata contro i Turchi. Il risultato di quella crociata fu la vittoria cristiana sui Turchi a Belgrado, a quella battaglia parteciparono anche molti vicentini e il cardinale vescovo Pietro Barbo (vescovo a Vicenza dal 1451 al 1464, poi eletto papa col nome di Paolo II). Pio II, successore di Callisto III, continuò il progetto del suo predecessore e richiese la istituzione di una crociata contro i turchi nel congresso di Mantova.

Dai documenti vicentini dell’epoca emerge che molti cittadini della nostra terra, per motivi economici e religiosi, avevano relazioni con le terre d’oriente minacciate dai turchi. Tutti i papi che si succedettero nel trono pontificio collaborarono con Venezia per cercare una soluzione a questa questione e in particolare Paolo II, successore di Pio II, comprese quanto fosse indispensabile giungere ad una pace con i turchi, specialmente dopo la grave catastrofe di Negroponte e il serio pericolo di una invasione turca in terra veneta. Il racconto di queste tragiche vicende ci è stato fatto da un testimonio oculare, il vicentino Gio Maria Angiolelli, nelle sue “Memorie”. Il programma di Paolo II fu continuato dal successore Sisto IV sotto il quale operò per il raggiungimento di questo obiettivo il cardinale Marco Barbo (vescovo di Vicenza dal 1464 al 1471). Sempre molto forte era la minaccia turca sul territorio friulano e assai forte era l’incubo di una invasione, anche le città venete sentivano l’influenza di tale minaccia; ma nonostante le continue fortificazioni, il Friuli venne invaso nel 1477.

Il 23 Febbraio 1479 Venezia riusciva a fare pace con i turchi, in realtà si trattava solamente di una tregua di cui Venezia aveva assoluto bisogno per poter far fronte alle nuove rivalità promosse dagli stati italiani.

La situazione divenne critica quando il papa Sisto IV, nel dicembre 1482, improvvisamente abbandonò la lega con Venezia e si schierò con i suoi avversari. Il papa intendeva riappropriarsi dei territori della Romagna occupati da Venezia.

Il successore Innocenzo VIII si adoperò ancora per ottenere la pace, ma la soluzione al problema turco si ebbe solo nel maggio del 1503, quando si giunse alla formulazione di un trattato di pace.

Tra i promotori di questo trattato ricordiamo il papa Alessandro VI, che comunque proseguì la sua politica di rivendicazione delle città di Pesaro, Rimini, Faenza, Ravenna e Cervia, sottratte da Venezia allo stato pontificio. Il rifiuto veneziano alla restituzione di questi territori lasciò spazio al formarsi della famosa lega di Cambrai (1508) progettata dal pontefice Giulio II, che associava contro la Serenissima i maggiori principi Italiani, minacciati dalla espansione veneziana, ma anche i grandi sovrani stranieri che aspiravano ad estendere i loro possedimenti a danno della città lagunare.

 

LA RELIGIOSITÀ POPOLARE

Nella vita religiosa del popolo del 400 e dei primi del 500 si registra una profonda fedeltà e un forte attaccamento alle tradizioni, nonostante l’esame dei documenti dell’epoca dimostri il vivo interesse per un rinnovamento della Chiesa, che diventerà determinante all’epoca della affermazione del luteranesimo e si attuerà nel rinnovamento portato dal Concilio di Trento.

La profonda ignoranza nei confronti della dottrina cristiana, la scarsa frequenza ai sacramenti e lo stato miserando delle chiese di campagna pesavano notevolmente sulla religiosità dell’epoca. Tuttavia il popolo coltivava la sua fede religiosa e mostrava ancora gli entusiasmi dell’epoca medievale.

Erano le pestilenze e le carestie ad indurre la gente del popolo a ricorrere al soprannaturale per affrontare le difficoltà che la vita riservava loro. Pare sia proprio per scongiurare il pericolo di una epidemia di peste, oltre che per allontanare il pericolo della invasione degli Ungheri, che gli Arzignanesi abbiano deciso di dedicare la chiese di Tezze a S. Agata (ferita al petto e per questo invocata nelle epidemie insieme a S. Sebastiano e a S. Rocco).

Anche la “cronaca” di Manfredo Repeta (1464-1489) ci ricorda che tra il 1463-64 il territorio veneto fu messo in allarme da paurosi focolai di pestilenza cui non andò escluso il Vicentino “1464 nota che fo una cattiva e pessima staxon de biave… fo una grandissima pestilentia a Orglian (Orgiano) et l’anno 1465 fo una grande peste a Zozan”.

A testimonianza della grande fede religiosa, si registra un fiorire di costruzioni di Chiese e la partecipazione massiccia alle predicazioni, particolarmente a quelle tenute in città durante la Quaresima da San Bernardino da Siena e da San Giovanni da Capestrano, predicatore a Vicenza per 12 giorni e promotore della crociata contro i turchi.

Notevole fu anche l’interesse per le riscoperte reliquie dei santi Leonzio e Carpofoso, patroni della cattedrale, nonché delle martiri Eufemia e Innocenza.

Altra consuetudine che conferma la fede religiosa dell’epoca sono i pellegrinaggi verso i luoghi santi, sede di santuari famosi italiani ed esteri.

Le mete più frequentate erano Roma, Assisi, Firenze, Loreto, San Gottardo e Beato Simone di Trento, Sant’Antonio abate di Vienna e San Giacomo de Compostela, San Leonardo di Baviera.

Tra i santuari vicentini più visitati ricordiamo quello della Beata Vergine del Summano e quello della Madonna di Monte Berico.

Le visite a tali santuari erano frequenti e rivelano la grande popolarità del culto della Beata Vergine Maria invocata sotto il titolo di “Mater misericordie”, da cui nacque, verso la fine del XV sec. la confraternita mariana nota col nome di Compagnia della Misericordia.

A questa confraternita se ne aggiunsero molte altre come la fraglia dei Colombini, la fraglia di Santa Maria della Pietà, la confraternita mariana di Santa Maria dei Servi, la fraglia dei Battuti di Santa Maria in Berga che tanto successo aveva avuto nel Trecento, prosegue la sua devozione anche per tutto il ‘400.

A San Lorenzo continuava a sopravvivere l’antica fraglia di S. Maria della Concezione, che dopo la canonizzazione di S. Bernardino da Siena (1451) e la costruzione di una cappella in suo onore a S. Lorenzo, si fuse, e ne risultò la confraternita di S. Maria e S. Bernardino. A tutte queste confraternite mariane della città si devono aggiungere quelle delle varie parrocchie del territorio e ricordiamo specialmente quelle di Arzignano, di Schio, di Sossano, di Nanto, di Costozza, e di Sorio…

Tra le preghiere più in uso nell’epoca in esame, va ricordata quella dei “paternostri” una devozione che preludeva al moderno Rosario la cui devozione trova frequenti riscontri nella prima metà del ‘500.

Tra le manifestazioni popolari in onore della Vergine sopravviveva ancora una specie di sacra Rappresentazione che consisteva in una grande sfilata allegorica di personaggi variamente vestiti e raffiguranti le varie epoche che precedettero la Redenzione (si fa riferimento a un tale evento avvenuto in città il 25 marzo 1497). La sfilata voleva esaltare due momenti della storia della “Redenzione”:

– L’Incarnazione (festa dell’annunciazione 25 marzo)

– L’istituzione dell’Eucarestia o festa del Corpo di Cristo.

Anche la ricorrenza del “Corpus Domini” era molto sentita dalla religiosità popolare e molte erano le manifestazioni inerenti tanto che si giunse addirittura a fondare intorno al 1530 la confraternita del Santissimo.

Strettamente legata alla devozione popolare per l’Eucarestia è anche la “storia della Rua”, ossia di una ruota a sedici mobili che girava spinta da due turchi all’interno di una torre semovente, tradizione sorta in città, ma poi imitata in molte altre località e infine trasformatasi in un piacevole divertimento popolare che si ripeteva in ogni lieta circostanza.

Molte altre confraternite, oltre a quelle dedicate alla Vergine e alla S.S. Eucarestia, sorsero tra il 400 e il 500, parte derivate dagli antichi “Battuti”, parte sorte per altre motivazioni. Furono importanti quelle di S. Pietro Martire a S. Corona, quella di S. Nicola da Tolentino a S. Michele, quella del nome di Gesù e di S. Giuseppe del B. Bernardino da Feltre e quelle dedicate a S. Sebastiano protettore contro le epidemie.

Verso la fine del 400 alla devozione di S. Sebastiano quale protettore contro le pestilenze, si aggiunge quella di S. Rocco.

Abbiamo notizie della devozione a S. Rocco nel Vicentino intorno al 1485 quando le reliquie del Santo furono trasportate solennemente da Voghera a Venezia (Annales Camaldulenses VII, f323) e il 16 marzo dello stesso anno il comune di Vicenza iniziò la costruzione della chiesa di S. Rocco in borgo Portanuova.

La più importante forma di associazione religiosa popolare dell’epoca che stiamo esaminando, fu certamente quella del Terz’Ordine, chiamata dei “fratres de penitencia” francescani, domenicani, carmelitani e dei Servi di Maria.

Più importante e diffusa tra tutte è il Terz’Ordine dei Francescani, movimento che sulla fine del XIV sec. si era quasi estinto, ma che viene restaurato nel 1436, quando alcuni uomini e donne raccolti nel convento di San Biagio davanti a fra’ Mantovano affermano di volersi riunire tra fratelli e sorelle per rispettare la regola suggerita dal beato Francesco.

I principali obblighi annessi a tale associazione erano la “continencia” e la “penitencia pro trasgressionibus”.

Alcuni documenti testimoniano che le Terziarie avevano in città anche una casa dove raccogliersi in vita comune, essa si trovava sulla via che da piazza S. Lorenzo passa davanti al Ginnasio/Liceo Pigafetta e attraversa il Corso fino alla cattedrale, la casa con la torre, oggi nascosta entro i muri, è ancora identificabile.

Nel 1486 le Terziarie erano chiamate “vestitae” (vestie) e la loro sede di S. Marcello era detta “turris de le vestie”, probabilmente tale denominazione identificava le terziarie raccolte in vita comune a S. Marcello e dotate di una divisa particolare rispetto alle altre che vivevano nelle loro famiglie.

Le informazioni che ricaviamo dai documenti dell’epoca fanno sempre riferimento alle terziarie, per cui si pensa che la congregazione maschile si sia estinta o quasi intorno al 1475.

A tale decadenza dei Terziari, seguì una ripresa della congregazione dopo la guerra di Cambrai.

Sappiamo che dal 1518 circa al 1535 furono ministri del Terz’Ordine francescano maschile e femminile il padre di Antonio Pigafetta e la di lui madre o matrigna, Angela Zoga.

L’elenco di manifestazioni di fede sopracitato dà un’idea del profondo rispetto che le popolazioni vicentine del 400 e del 500 conservavano per le loro tradizioni religiose. Lo stesso si può dire per quanto riguarda la pratica della santificazione della festa. Questo importante argomento della vita religiosa era regolato dagli statuti pubblici del comune di Vicenza per la città e dagli altri comuni per i territori circostanti. In essi si davano le regole per le osservanze delle festività domenicali e la Quaresima e l’Avvento. In queste ricorrenze era d’obbligo osservare il riposo festivo pena una multa di 20 soldi. Era però permesso tenere aperte alcune botteghe per i generi di prima necessità. Tali ferree regole furono contestate da parte dei fedeli a cominciare dal sec. XVI.

Gli statuti cittadini e rurali del 300 e del 400 contengono sempre una rubrica contro i bestemmiatori con sanzioni pecuniarie o di altro genere.

Durante la seconda metà del sec. XV e specialmente nella prima metà del XVI si ebbe a Vicenza un decisivo rilassamento della vita religiosa popolare che neppure le riforme del Concilio di Trento riuscirono a sanare e che preannuncia la differenziazione sul piano religioso come si andrà affermando nell’età moderna.

Un esempio ci viene offerto dal documento che testimonia la presenza , verso la fine del sec. XIV, delle meretrici presso borgo Pusterla anche se gli antichi statuti vietavano loro l’ingresso in città.

Nel 400 le loro case erano vicino a piazza Castello in ca’ del Diavolo (Bortolan-Lampertico: Dei nomi delle contrade della città di Vicenza).

Tale rilassamento morale ebbe una ripercussione anche in un preoccupante aumento dei bambini abbandonati raccolti nell’ospedale di San Marcello.

Altro fatto di disordine morale era costituito dall’abitudine al matrimonio clandestino, molto in uso prima del Concilio di Trento.

Tuttavia nonostante questo, bisogna ribadire che nella maggior parte dei casi il vincolo familiare era considerato sacro ed era molto sentito e rispettato.

 

Bibliografia

G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa Vicentina Vol. III parte seconda (1404-1563), Neri Pozza Editore.

E. Franzina, Storia di Vicenza 1406-1866, Neri Pozza Editore.

F. Dalla Via-S. Maggio, Uno stucco del secolo XV nell’antica chiesa campestre di Santa Maria Annunziata, ora Madonna dei Prati.