CENNI STORICI SUL CASTELLO
Il castello di Brendola , o Rocca dei Vescovi , riassume in sé la storia del paese lungo un arco di molti secoli , durante i quali ha rappresentato la principale struttura di potere e il centro di una giurisdizione vescovile e civile. Il primo documento che ne attesta l’esistenza e ne conferma il possesso al vescovo di Vicenza , Girolamo , è il diploma dell’Imperatore Ottone III , dell’anno 1000. Brendola era ,dunque, sotto il dominio degli imperatori germanici e feudo del vescovo di Vicenza. A questo diploma ne seguirono altri sette relativi alla chiesa vicentina; nel 5°, concesso da Enrico IV nel 1084, compare per la seconda volta il nome di Brendola, insieme alla conferma dei diritti vescovili e all’esenzione dal fodro (diritto per il sovrano e i suoi rappresentanti di requisire sul territorio foraggio per i cavalli). La costruzione del castello, pertanto, risulta precedente al 1000, ma di quanto non sappiamo; non si può escludere del tutto l’esistenza, già in epoca romana di un luogo fortificato, data la posizione strategica di Brendola, lungo la via Postumia. La documentazione più antica induce, comunque, a collocare il castello nel periodo in cui Berengario, marchese del Friuli, ottenuta la corona di re d’Italia, si trovò a fronteggiare le scorrerie degli Ungari, dimostrandosi, però, del tutto impotente a garantire la difesa delle popolazioni.Sconfitto presso il fiume Brenta nell’anno 899, Berengario favorì la costruzione di castelli e mura nei territori maggiormente esposti al pericolo di incursioni. In origine si sarebbe trattato di una rocca con torrione di avvistamento e con ambienti adatti (le Canipe) al deposito delle derrate durante le incursioni; nel secolo XII fu allargata la cinta muraria del castello, probabilmente ad opera del vescovo Torengo e furono predisposti locali utili per accogliere animali, provviste, armi e munizioni, oltre ad un presidio militare in caso di assedio.
Non è sicuro se lo stesso vescovo Torengo abbia fatto costruire il cosiddetto Palazzo dei Vescovi, al di sotto della cinta fortificata o rasente le stesse mura, oppure se questo sia stata opera più tarda. Tale palazzo doveva essere, comunque, collegato, per mezzo di una galleria sotterranea, al torrione della Rocca; infatti ne rimane qualche traccia sotto i resti di quest’ultima. Secondo i cronisti antichi, il castello divenne un “luogo di rifugio e di salvezza nei momenti delle guerre civili e un luogo di villeggiatura e di riposo nei tempi di pace”. La sua storia si svolge parallelamente all’età feudale e comunale e s’identifica nelle vicende dei vescovi di volta in volta succedutisi, per investitura dell’imperatore. Il vescovo esercitava il diritto di castellania e cioè esigeva dagli abitanti la custodia e l’affitto delle canipe, esercitava il potere legislativo e giudiziario, il diritto di teloneo (dazio sulla circolazione dei prodotti di consumo) e di fodro (tassa sulle famiglie) inoltre poteva richiedere prestazioni gratuite per la manutenzione del castello. Appartenevano a lui “molte terre, molte vigne e campi,ma i diritti più ampi si riferivano alla Rocca: il vescovo vi teneva sempre un castellano, un castaldo e una valido presidio. Nella seconda metà dell’XI secolo, durante la lotta per le Investiture tra il papa e l’imperatore, il vescovo di Vicenza si schierò da prima con l’imperatore; isolatosi in questo modo da Roma finì per essere sempre più attaccato dalla nobiltà laica. Quando tra il 1117 e il 1134 aderì al papato, il vescovo di Vicenza cessò di essere il signore assoluto, ma continuò a rimanere il principale punto di riferimento morale all’interno del nascente comune. La sua posizione privilegiata provocò l’avversione di quelle famiglie nobili che erano state escluse dal governo della città. Da questa situazione esplose una lunga serie di lotte tra nobili e vescovo che interessò tutto il XII secolo. Il primo vescovo che cercò rifugio nel Castello di Brendola fu proprio il Torengo, che, avendo privata la città di Vicenza del privilegio di eleggersi i magistrati dovette affrontare la ribellione delle famiglie più potenti, guidate da Uberto Maltraversi; pur avendo ragione dei suoi avversari e, nonostante la mediazione dell’imperatore EnricoV, disceso verso il 1110 in Italia, le discordie ripresero feroci; il vescovo Torengo, cacciato con la forza, si rifugiò nel castello di Brendola e vi rimase finchè, sceso a patti cogli avversari, ritornò in città come semplice vescovo, non più come signore di Vicenza. Intorno al 1184, il vescovo Giovanni de’ Sordi, detto il Cacciafronte, rientrò in possesso dei beni vescovili e difese con fermezza i diritti ecclesiastici, ma fu ucciso per mano di un sicario, pare “mandatario di quei dal Sonaglio di Brendola”. Quel delitto provocò sicuramente grande scalpore nel paese; va forse collegata a tale episodio la grossa croce in pietra bianca (situata vicino al palazzo del vescovo, in Brendola) cui la tradizione popolare attribuisce la memoria dolorosa dell’uccisione di un vescovo. Successore del Cacciafronte, il vescovo Pistore, combattè accanitamente i suoi avversari ghibellini e si rifugiò nel castello di Brendola ,” tratto da un focoso destriero, armato d’acciaio sino ai denti con in braccio lo scudo e in testa la celata”, a capo di una schiera di soldati . Dal castello, il vescovo poteva spiare le mosse degli avversari e riprendersi la rocca di Altavilla .Il secolo si chiude con le feroci lotte tra Guelfi e Ghibellini, capeggiati questi dalla famiglia Da Romano. Tale situazione indebolì ulteriormente il potere dei vescovi che cercarono di sanare i debiti alienando buona parte del patrimonio ecclesiastico . Comunque, nel 1210, un privilegio di Ottone IV riconferma al vescovo di Vicenza la giurisdizione su vari castelli tra cui quello di Brendola.
Il vescovo Gilberto, tentò invano di riassestare la gestione vescovile, ma fu costretto a rifugiarsi nella rocca di Brendola verso il 1227, in seguito a nuovi disordini cittadini che portarono alla vittoria di Alberico Da Romano. Non si hanno notizie precise relativamente al periodo in cui Ezzelino III da Romano sottomise tutta la marca Trevigiana, Vicenza compresa. Nel 1248 papa Innocenzo IV lanciò una scomunica contro Ezzelino che, di rimando, occupò anche il castello di Brendola. Durante i nove anni in cui dominò Ezzelino, i beni vescovili subirono gravi danni e la diocesi si ridusse in miseria. Nel 1259, con la caduta di Ezzelino, Vicenza riacquistò la sua libertà comunale, ma la città era ancora divisa tra Guelfi e Ghibellini: borghesi i primi, orientati ad un’alleanza con i Padovani; nobili, i secondi, simpatizzanti dei Veronesi. In questo periodo, sicuramente i vescovi di Vicenza riacquistarono il possesso con relativi diritti, del territorio brendolano e del suo castello. Nel 1262, il vescovo Bartolomeo da Breganze, già impostosi come mediatore tra le opposte fazioni, convocò a Brendola un’assemblea “Curia Vassallorum”, in cui la proprietà della rocca e del castello fu riconfermata al vescovo, che la cedette in affitto al Comune, con “l’obbligo di pagare due denari veronesi per ogni canipa in cui mettevano al sicuro le derrate”. Bartolomeo cercò di rinsaldare i legami con il contado, visitando spesso i suoi castelli, soprattutto quello di Brendola Intanto le solite aspre lotte tra fazioni diedero il sopravvento al partito guelfo e la custodia della città ai Padovani. Padova, pur essendo guelfa, era anticlericale; conquistata Vicenza, fece emanare statuti che emarginavano sempre più il vescovo dal governo della città; il Comune cittadino impose la sua autorità anche nel contado e favorì la formazione dei Comuni rurali che potevano redigere propri statuti. Nel 1266 il vescovo dovette scendere a patti concedendo al comune di Brendola dei diritti sul castello. Dopo Bartolomeo da Breganze il presidio militare a difesa del castello non dipendeva più dal vescovo, ma dai Vicentini. All’inizio del XIV sec. Brendola si trovò al centro di scontri tra Padovani e Veronesi, che si contendevano il possesso di Vicenza. Nel 1311 Vicenza passò agli Scaligeri e con essa il castello di Brendola; in tale circostanza il vescovo abbandonò la rocca e fuggì a Padova osteggiato dal Comune cittadino e dal Vicario imperiale. Nel 1313, Montebello fu teatro di uno scontro fra le truppe di Cangrande Della Scala e i Padovani; pare che questi ultimi abbiano assediato e parzialmente incendiato il castello di Brendola, Molti paesi lungo la riviera berica, come pure molti castelli, furono devastati dai Padovani, nel tentativo di riconquistare Vicenza. Le lotte si conclusero con la conquista di Padova da parte di Cangrande Della Scala, nel 1328. Durante la dominazione scaligera, il vescovo fu del tutto privato dei suoi poteri politico-amministrativi, con una breve parentesi tra il 1336-1339, quando Padova, Firenze e Venezia si coalizzarono contro Verona. Il castello di Brendola sfuggì al controllo degli Scaligeri e fu occupato dal vescovo di Vicenza, Biagio da Lionessa; questi finse di parteggiare per gli Scaligeri, ma, liberatosi del presidio vicentino, si adoperò per consegnare la Rocca ai Veneziani, usando secondo il Morsolin “la frode e il tradimento” e affidando la difesa del castello a “malfattori e ribelli che trasformarono in breve quest’ultimo in un covo di assassini”. Biagio da Lionessa dimorò in Brendola fino al 1343 circa; dopo la sua rimozione dalla sede di Vicenza, nel 1347, nessun vescovo si rifugiò più nel castello, che fu riconsegnato al Comune di Vicenza. Nella seconda metà del XIV secolo, i Veronesi esercitarono il controllo sui castelli berici, affidando ai loro capitani il compito di comandare i presidi ed amministrare il territorio, finchè nel 1361 fu affidata a Cansignorio l’amministrazione del patrimonio ecclesiastico, la riscossione delle decime, nonché la nomina dei parroci. I capitani furono poi sostituiti dai Vicari: anche Brendola diventò sede di vicariato e lo rimase fino al 1404. Nel 1385 i Visconti e i Carraresi (di Padova) si allearono contro Venezia allo scopo di spartirsi il territorio veronese: a Milano doveva andare Verona, a Padova Vicenza. Dopo due anni di guerriglia, Verona e Vicenza caddero sotto il dominio dei Visconti, che nel 1388 conquistarono anche Padova. In tale circostanza a Brendola fu insediato il nuovo castellano: Ambrogio Soardi di Bergamo. Le mire espansionistiche di Milano allarmarono Venezia, che aiutò i Carraresi a riconquistare Padova, nel 1390. Questa, dal canto suo, non tardò a manifestare di nuovo il suo interesse per Vicenza; ne seguirono aspre lotte tra Padova e Milano fino al 1400, anno della morte di Giangaleazzo Visconti.
VICARIATO
Il vicario rappresentava il potere politico ed era figura assai importante e riverita; la sua attività amministrativa e giudiziaria risale all’epoca del dominio dei Visconti su Vicenza, da cui direttamente dipendeva. Il più antico vicario di cui ha notizia risale al 1401; le sue funzioni restarono immutate fino all’avvento del dominio napoleonico.
Profittando del momento di debolezza degli avversari, Padova richiese come compenso la cessione di Vicenza, Belluno, Feltre, Bassano e Cividale; allora la repubblica di Venezia, per contrastare i Padovani, si schierò con Milano. Nel 1404 l’esercito padovano occupò la Rocca di Brendola e cinse d’assedio Vicenza, ma fallì nell’impresa e Vicenza si consegnò spontaneamente ai Veneziani. Iniziò da quel momento la dominazione della Serenissima Repubblica, durata 400 anni. Le devastazioni e le guerre, tuttavia, non finirono tanto presto, poiché Filippo Maria Visconti, nel 1412, rimasto solo alla guida del ducato di Milano si adoperò per recuperare i territori perduti, servendosi dei più rinomati condottieri del tempo: Francesco Sforza (poi passato in campo avverso), Niccolò Piccinino, Francesco Bussone (poi Conte di Carmagnola); sentendosi minacciati dai Visconti, Venezia, Firenze, il papa e il duca di Savoia si allearono tra loro: ne scaturì una guerra che durò più di vent’anni (1423-1447) e che interessò anche il territorio vicentino, Brendola compresa. Protagonisti di quelle azioni furono spesso i capi degli eserciti mercenari che, passando da uno schieramento all’altro, diventarono arbitri dei conflitti. Nel 1413 il castello di Brendola era già stato assalito e gravemente danneggiato dai mercenari ungheresi guidati da Pippo Spano; fu poi restaurato a spese del vescovo. Nel 1438 il condottiero visconteo Niccolò Piccinino devastò Brendola e fece razzia nel castello dove la popolazione aveva ammassato una grande quantità di bestiame e di paglia. Il territorio vicentino fu liberato da Francesco Sforza e dal Gattamelata, condottieri dei Veneziani e la popolazione riconfermò la sua devozione alla Serenissima. Altro avvenimento storico che toccò da vicino i territori soggetti alla Repubblica di Venezia e fatale per il castello di Brendola fu la guerra suscitata dalla Lega di Cambrai (1508). Papa Giulio II si alleò con l’imperatore Massimiliano d’Asburgo, con il re di Spagna Ferdinando il Cattolico, con Luigi XII di Francia per sconfiggere Venezia e strapparle i territori che aveva occupato in Romagna. Gli anni che seguirono videro una successione di eserciti spagnoli, tedeschi, francesi, veneziani devastare senza tregua il Vicentino. La Rocca di Brendola fu occupata dagli spagnoli nel 1513;l’anno successivo Venezia la riprese tramite il generale Bartolomeo d’Alviano, il quale, per impedire che il castello “si facesse ulteriormente asilo eventuale di spagnoli, di tedeschi o d’altri nemici della Repubblica” ne ordinò la distruzione, il 22 Luglio 1514.
Da questo momento la”Rocca dei Vescovi” perde la sua importante funzione di centro di potere : per la comunità di Brendola si apre un nuovo periodo di storia che si imserisce in quella più ampia della Repubblica di Venezia.