Vo' 

UN FUTURO DA INVENTARE

GIUSEPPE VISONA’

Camminando immerso in questo angolo di terra meravigliosa, lontano dai rumori, dall’ansia del correre, attento alla natura ed all’ambiente posso pensare, sognare, progettare. Questa terra è stata sottratta al fiume, all’acqua stagnante, alle inondazioni ed alle piene con tanta fatica ed impegno. Questa terra rimane un patrimonio, una risorsa, una fonte di sostentamento, un granaio per tutti. Non credo serva tanto dare voce ad inquietanti fenomeni di inquinamento delle acque, ma il miglior consiglio è quello di andare a vedere queste acque, questa terra. E’ nel silenzio, nel rumore del vento, nel canto degli uccelli, nel fruscio delle foglie, nell’aria fine che si può lanciare un’idea, un desiderio che potrebbe riassumere il passato ed aprire un futuro, un nuovo amore per un angolo di territorio forse troppo trascurato e poco valorizzato.

La riforma agraria avviata a partire dal ’50 e lo sviluppo della piccola proprietà coltivatrice furono decisioni molto importanti. Il contributo all’incentivazione dell’agricoltura dovuto all’allargamento della base produttiva, la realizzazione di programmi di irrigazione e l’attuazione di numerose opere di bonifica determinarono un notevole miglioramento generale nell’agricoltura. Furono gli anni ’60 a dare inizio al grande esodo dall’agricoltura: forti migrazioni si verificarono tra campagna ed industria, tra sud e nord della nazione. Tanti brendolani iniziarono a lavorare nelle fabbriche di Alte Ceccato.
I metal-agricoltori provenienti da tanti paesi diversi, abbandonato il lavoro nei campi, si occuparono nelle varie aziende di giorno, ritornando a fare gli agricoltori nel resto della giornata e nei giorni di festa. Riuscivano in questo modo a garantirsi un salario certo e sicuro integrando le loro entrate con la produzione dell’orto e di qualche “campetto”. A questa schiera di lavoratori si aggiungeva la nuova marea giovanile di figli, tutti giovani allora come lo scrivente, che, classificati come apprendisti, fondarono, costituirono la base solida dello sviluppo industriale attuale. Il cambiamento occupazionale di tanta gente contribuì anche a diffondere l’idea che restare a lavorare nei campi era da sciocchi e avrebbe continuato a mantenere lo stato di sudditanza di tanta gente. Il disprezzo per la terra , che da secoli poco reddito aveva dato a tanti occupati, divenne pensiero comune: la fuga dai campi divenne massiccia. Il nuovo stato sociale di tanta gente che poteva permettersi la prima casetta, il frigorifero ed altri beni di consumo accentò ulteriormente il distacco dal mondo agricolo. Continuare a lavorare la terra significava rimanere nell’ambito di quella cultura contadina ignorata o meglio deprecata come arretrata, insulsa ed miope. Saltavano i ritmi classici del lavoro dei campi. I nuovi impieghi lasciavano parte del sabato e la domenica libera per altre attività di svago. Era una libertà teorica perché i metal-agricoltori lavoravano non solo la domenica, ma anche la notte per uscire dal bisogno e dalle necessità.
La politica agraria del governo lanciò una nuova programmazione con l’intento di migliorare la condizione dei lavoratori dei campi attraverso l’introduzione dei piani verdi” (1961 – 1966).
Erano finanziamenti destinati al rinnovamento dei fondi agrari, delle abitazioni rurali e della meccanizzazione in generale.
La meccanizzazione, che agli inizi degli anni ’50 comprendeva meno di 60 mila trattori in tutta Italia, esplose, in particolare nella pianura del Nord, con la sostituzione della tradizionale trazione animale rappresentata dai cavalli e dai buoi. Inoltre la presenza della Federazione italiana dei consorzi agrari che aveva contratto accordi privilegiati ed esclusivi con la Fiat promuoveva la vendita di trattori. Chi non ricorda i primi trattori Fiat 25 cavalli di color arancione, con frizione ed acceleratore manuali? Coloro che in Brendola sono giunti recentemente possono ancora per poco tempo vedere il vecchio capannone a fianco della farmacia, sede del consorzio agrario ed ora in via di trasformazione come edificio commerciale. I consorzi agrari assumevano il compito di ritirare per conto dello Stato il grano dagli agricoltori per poi conservarlo nei loro magazzini, prima di venderlo sul mercato. I vantaggi della Federconsorzi erano legati non solo ai finanziamenti diretti ricevuti dallo stato per la gestione degli ammassi stessi, ma soprattutto ai rapporti stretti e capillari che si creavano con gli agricoltori a cui venivano ritirati i prodotti, e ai quali, allo stesso tempo, venivano venduti i principali mezzi tecnici, dalle sementi ai concimi, fino alle macchine agricole. Attraverso la Federconsorzi sono passati quasi in esclusiva i rapporti fra agricoltura ed industria produttrice di attrezzature, con in testa la Fiat per i trattori, e l’Enichem per i prodotti chimici. Il nostro attuale sindaco per un certo tempo ha lavorato nel consorzio di Brendola e ricorda ancora le conoscenze instaurate in quel tempo. Nel 1993 registriamo il fallimento della Federconsorzi (cooperativa a statuto speciale sotto la vigilanza del ministero dell’agricoltura a partire dal 1948) e di gran parte dei Consorzi agrari provinciali. La crisi definitiva è iniziata nel maggio 1991 con il commissariamento per i 4 mila miliardi di debiti verso i fornitori e le banche. Alla fine del 1991 ben 36 consorzi provinciali risultavano sottoposti a procedure di liquidazione, mentre solo 27 risultavano in gestione ordinaria. La fine definitiva della Federconsorzi viene formalizzata nel 1993 con l’azione dei grandi creditori costituiti da 24 banche e dai gruppi Fiat e Enichem che rilevano in blocco tutte le attività per un valore di 2150 miliardi di lire. E’ bene ricordare che tutto il grande patrimonio immobiliare è stato valutato tenendo presente la destinazione agricola precedente degli immobili, mentre la loro collocazione nei maggiori centri urbani, ha reso possibile una loro forte rivalutazione all’atto delle vendite tuttora in corso. Certamente la cattiva gestione degli immobili, le varie elargizioni professionali ad amministratori e rappresentanti, le numerose consulenze finanziarie i facili prestiti non bastano a togliere il sospetto che qualcuno abbia voluto impadronirsi facilmente del patrimonio della Federconsorzi. A Brendola come sono andate le cose? Questi cambiamenti di destinazione d’uso dei fabbricati sono segno dei tempi che cambiano, ma nello stesso tempo sono motivo di interrogativi e proposte alternative.

Il processo di crescita della meccanizzazione si fa intenso durante gli anni ’60-e ’70 per subire un brusco rallentamento negli anni ’80, in seguito ad una nuova politica agricola comunitaria ed alla riduzione del sostegno governativo all’agricoltura. Nonostante le variazioni la consistenza in Italia della meccanizzazione a tutto il 1996 si concretizza in 1,5 milioni di trattori e oltre 50 mila mietitrebbiatrici. In concomitanza di questi eventi si deve registrare la nascita, meglio lo sviluppo del contoterzismo. Fenomeno antico, basti ripensare alle vecchie trebbiatrici poste in corte Maffei od in corte Brendolan a S. Vito nel primi anni ’20, che servivano la gran parte degli agricoltori locali. Il contoterzismo ha permesso anche alle piccole e piccolissime proprietà di usufruire delle innovazioni tecnologiche evitando inutili investimenti ed immobilizzi di capitale in macchine altrimenti poco e male utilizzabili. Attualmente circa 1 milione e 600 mila aziende, pari al 55% di quelle censite, utilizzano tale sistema contoterzista ormai altamente qualificato e tecnologicamente adeguato. Il forte sviluppo del contoterzismo è dovuto all’eccessiva frammentazione ed alle modeste dimensioni delle nostre attuali aziende agricole. A Brendola risultano registrate circa 300 imprese agricole. Nonostante i molti cambiamenti, i passaggi di proprietà, le nostre aziende sono rimaste mediamente piccole ed a conduzione diretta con la presenza massiccia di pluriattività familiare o part-time . Qui ritorna di estremo interesse un concetto già annunciato, legato allo sviluppo industriale, la pluriattività o quello che ho definito il metalagricoltore. Lo sviluppo della pluriattività o del part-time è una delle novità più importanti del cambiamento strutturale dell’agricoltura brendolana ed italiana, anche se è solo dalla metà degli anni ’70 che si è avuta una percezione concreta del ruolo e dell’importanza economica, non solo in agricoltura, di tale fenomeno. Le aziende agricole, il cui conduttore svolge attività extragricola prevalente, sono quasi la metà del totale e producono il 37% del reddito complessivo dell’agricoltura italiana. Purtroppo questi numeri non evidenziano un fenomeno preoccupante legato alla situazione familiare di numerosi conduttori agricoli, il cui nucleo risulta costituito da due componenti generalmente anziani: oltre un terzo di essi ha infatti più di 65 anni.

L’invecchiamento dei conduttori rappresenta uno dei problemi più difficili da risolvere anche in considerazione della necessità di ammodernamento del settore necessario per reggere la competitività europea e del prossimo futuro. Il futuro di settore richiede una capacità di adattamento e una innovazione notevole per poter restare in uno scenario produttivo e reddituale accettabile. Nei prossimi dieci anni probabilmente sarà indispensabile il cambio nella gestione della superficie agricola di oltre il 50% degli attuali conduttori con un rinnovamento generazionale pauroso, una rivoluzione tipologica e produttiva imprevedibile. Una frammentazione, una polverizzazione delle aziende che favorirà ulteriormente il contoterzismo e la scomparsa del gruppo parentale agricolo di un tempo, sostituito da una famiglia in stretta simbiosi con il restante sistema socioeconomico.

L’agricoltura ha sempre rappresentato per tanti anni un settore importantissimo per il nostro paese e per la nazione intera. Non dimentichiamo la nostra storia e le nostre origini agrarie. Sono ormai scomparse le mezzadrie, le affittanze e tante lotte per la terra. Alcuni episodi di scontri a Brendola per la terra sono riportati in ” Pensieri, memorie e ricordi”, da me pubblicato nel 1998 . La politica agraria fino agli anni 70, per il valore del settore, è sempre stata di competenza nazionale con interventi di sostegno diretto e dei prezzi. Basti pensare alla politica di ammasso del grano od ad alcuni interventi specifici per l’olio d’oliva, a finanziamenti agevolati.

Sono proprio gli anni ’70 a segnare uno spartiacque importante con la delega alle regioni delle competenze in materia di agricoltura e la perdita di potere del ministero competente. In tempi più recenti tale ministero è stato abolito attraverso referendum. Nello stesso tempo le problematiche si sono spostate in Europa con l’attuazione di una politica agricola comunitaria di tipo protezionistico in particolare per alcuni prodotti. Nel complesso i finanziamenti pubblici all’agricoltura risultano ancora rilevanti, ma si sono modificati i rapporti di forza tra Stato, Regioni e Comunità. I trasferimenti della Comunità Europea alla politica agricola nel 1995 raggiungevano i 28.000 miliardi, pari al 40% del valore della produzione e al 55% del valore aggiunto dell’agricoltura italiana.
In sintesi l’intervento comunitario è pari al 45%, l’intervento regionale al 34% e quello statale al 15%. Ricordo che nel 1995 l’Aima ha gestito 10.000 miliardi con tanti scandali e distorsioni venuti recentemente alla luce. Inoltre lo stato ha ridotto notevolmente le agevolazioni sui carburanti e sulla previdenza creando difficoltà oggettive a tante piccole aziende.
L’ultimo intervento storico da parte dello Stato si può individuare nello “Schema di programma per un nuovo piano agricolo nazionale (Piano Pandolfi)”, a cui fece seguito la legge pluriennale di spesa n° 752 del 1986.
Con la fine della Federconsorzi, della Democrazia Cristiana, con la crisi delle quote latte, con la scomparsa dello stretto legame tra categoria coltivatrice e parlamento rischiamo un disastro economico senza precedenti nella storia dell’agricoltura.

Le difficoltà della politica agraria europea si manifestano con estrema evidenza nel corso degli anni ’80 con un aumento pauroso delle eccedenze agricole da immagazzinare e distruggere. Per porre rimedio alle notevoli spese per i meccanismi automatici di sostegno dei prezzi agricoli si ricorre alla riduzione del contributo ed alla predisposizione di regimi vincolanti con l’introduzione di quote, quantità massime garantite superate le quali si riducono i prezzi di sostegno e si applicano delle penali. Si programmano inoltre piani di abbattimento delle vacche da latte, di estirpazione di vigneti e più recentemente il ritiro di seminativi dalla produzione (set-aside). La conseguenza è stata che la distribuzione dei benefici comunitari, a parere della stessa commissione europea, si è concentrata per l’80% solo sul 20 % delle aziende favorendo gli agricoltori più grandi e più ricchi. La riforma del 1992 che prevedeva la compensazione del reddito agli agricoltori disgiunta dalla produzione effettiva dell’azienda si adeguava al mercato mondiale ed al sistema americano, ma non riesciva ancora a favorire concretamente i piccoli produttori.
Le varie riforme dell’ortofrutta, dell’olio d’oliva, del vino stanno creando notevoli disagi ai nostri agricoltori.
L’ultimo documento programmatico europeo ” Agenda 2000″ sembra attenuare la drammaticità della situazione agricola. Lo spiraglio, per il nostro territorio, sembra venire da un obiettivo, un tempo, secondario :

Interventi per lo sviluppo rurale.

Tale progetto prevede:

  • la diversificazione delle attività nel settore agricolo
  • lo sviluppo di altri settori e del turismo
  • la valorizzazione dell’ambiente naturale
  • la valorizzazione delle risorse umane

Altre misure riguardavano la salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo del turismo reale, nonché la valorizzazione delle risorse abitative e delle risorse naturali. Nel nuovo programma questi indirizzi vengono considerati importanti anche per il raggiungimento degli obiettivi di carattere generale. Certamente gli strumenti agroambientali saranno sempre più necessari ed utili al nostro scopo.

L’Amministrazione Comunale, le istituzioni, gli enti locali, assumono un ruolo di rilievo in questo quadro di riferimento che abbiamo tracciato, non solo creando e gestendo servizi di carattere generale, ma anche nell’offerta di servizi specifici per le aziende della zona. Non è possibile parlare di Progetto Vo’ senza pensare ad un ruolo attivo, trainante e visibile dell’amministrazione brendolana. La Comunità intera ha l’obbligo di pensare, progettare per tutte le componenti sociali e non solo per le nuove problematiche industriali. Chi amministra non può esonerarsi dalla missione di proponente, di indicatore di possibili sviluppi, di orientamento produttivo fornendo una serie di servizi specifici e utilizzabili. La politica economica agricola non può essere lasciata solo alle categorie del settore evitando di entrare nei specifici problemi. In considerazione della dislocazione geografica e territoriale del mondo agricolo e rurale, in prevalenza nella Frazione Vo’ e nella cosiddetta pianura di Brendola, diventa obbligatorio e inderogabile decidere quale futuro, quali prospettive di sviluppo questa parte consistente di popolazione potrà immaginare. Per permettere il superamento di campanilismi, invidie, rincorse sugli stessi servizi diventa inderogabile il coraggio di proporre soluzioni accettabili e condivisibili. Il ruolo dell’amministrazione locale è stato fin troppo dimenticato e trascurato nell’andamento economico di un territorio e dei vari settori produttivi. La creazione di una serie di infrastrutture, servizi, indirizzi programmatici da parte dell’Amministrazione Comunale, in stretta collaborazione con l’ente regionale, è elemento determinante nel risultato economico produttivo di un paese. Questo ruolo sempre più rivalutato anche dall’Unione Europea comporta un sostegno indispensabile nei momenti di ristrutturazione, passaggio e rinnovamento in cui si trova il mondo agricolo in generale e brendolano in particolare. Tanti, troppi agricoltori abbandonano l’attività, rinunciano ai cambiamenti, alle innovazioni perché lasciati soli e senza sostegni economici ed operativi. Un impegno nuovo per gli enti locali è fornito dalla recente legge n° 317 del 1991 che, per la prima volta in Italia, richiede da parte delle Regioni la definizione di distretti produttivi per i quali possono essere finanziati specifici progetti di sviluppo. Una funzione determinante nella stesura di programmi specifici è svolta dall’ente pubblico che può coordinare, organizzare, permettere la reale attuazione degli obiettivi.

Tentiamo di analizzare in dettaglio una serie di indicazioni, di ipotesi, di suggerimenti utili ad una discussione e realizzazione di quello che si potrebbe chiamare Progetto.

L’anima del progetto non può che essere la comunità brendolana nel suo insieme convinta che ogni parte del territorio merita pari attenzione ed impegno nel raggiungimento di una qualità del vivere e dell’abitare. L’amministrazione comunale, indipendentemente dal colore politico, deve farsi carico di una progettualità che richiede più coinvolgimento ideale che enormi finanziamenti.

I nostri concittadini sono ottimi lavoratori e realizzatori in grado di concretizzare in tempi rapidi quanto ritenuto degno di valore ed utilità, purché supportati adeguatamente.

Enti Locali:

Amministrazione Comunale
Consorzio di Bonifica R.B.
Categorie produttive
Comuni Grancona, Sarego e Lonigo
Provincia e Regione

Il passaggio obbligato, l’anima di tutto il progetto è ” IL FIUME DIMENTICATO”, fonte di tribolazioni, di vita, di energia, di alimentazione per tanti secoli. I suoi 12 kilometri di percorso offrono un filo conduttore sicuro e certo per sviluppare lungo i suoi argini tante attività ed opportunità.

A partire da Vo’ di Brendola fino a Villa Soranzo in Lonigo le sue sponde hanno conservato quanto di buono la natura continua ad offrire: acqua trasparente, aria pulita, silenzio, verde e prodotti della terra. Questo fiume appartiene agli enti locali del riquadro che possono gestirlo in maniera produttiva e proficua per tutti. Il consorzio di bonifica Riviera Berica, con poca spesa , potrebbe rendere gli argini (sicuramente quello di sinistra guardando la sorgente ) percorribili a piedi, a cavallo ed in bicicletta.


Gli agricoltori, tutti gli operatori di queste zone conoscono le vicende del fiume, da 400 anni condividono una storia comune per imbrigliare le acque e liberare le terre. A Vo’ dovrebbe nascere una cooperativa sociale costituita da tutti gli attori locali interessati con una denominazione suggestiva: COOPERATIVA SOCIALE
“VADUM”.
Non servono massicciate o peggio ancora piste ciclabili asfaltate; sarebbe sufficiente una buona capezzagna. Lungo questa via naturale ed armoniosamente inserita nell’ambiente si riesce a collegare strettamente fra loro Vo’, Grancona, Meledo, Sarego e Lonigo creando senza difficoltà un distretto agrituristico alimentare : un’associazione di comuni con caratteristiche similari, con gli stessi problemi ed aspettative di vita futura.
Questa progettualità non può prescindere dalla decisione dell’amministrazione comunale di un intervento sul territorio attraverso il Piano Regolatore prevedendo un blocco delle lottizzazioni e della creazione di altre aree residenziali. La conservazione dell’ambiente ed il sostegno ad uno sviluppo ecosostenibile deve essere fatto attraverso il recupero di tanti edifici destinandoli a scopo di ricezione e di disponibilità verso turisti o lavoratori di passaggio nelle nostre aziende industriali. Il P.R.G. dovrebbe contemplare un centro commerciale in prossimità dello sbocco di via A. Palladio sulla Strada Statale 500 con funzioni di sostituzione del vecchio consorzio agrario e come punto vendita di macchinari, attrezzature agricole e per il giardinaggio, prodotti chimici e fitoterapici.
L’impegno concreto dell’amministrazione comunale dovrebbe tradursi anche nel coraggio di riconoscere che il nuovo centro sociale di Vo’ non può avere futuro come struttura a fini sociali in quanto esiste una sala della Comunità che ha svolto e continua a sostenere un ruolo di aggregazione noto anche fuori del territorio comunale.
La proposta quindi è di dare in comodato d’uso gratuito per almeno dieci anni la nuova struttura del centro sociale in via di ultimazione alla cooperativa che gestirà il progetto al fine di utilizzarla per un enorme centro ortofrutticolo e di prodotti locali tipici .

Una consistente valorizzazione del territorio, una identità ritrovata, una serie di interventi precisi comporterà un notevole afflusso di clienti e persone da località vicine e lontane. Per permettere di sfruttare al meglio le risorse diventa necessario pensare ad altri aspetti non secondari nella costruzione di un reddito e di una soddisfacente economia e mi riferisco all’agriturismo ed alla ristorazione.

Lungo il fiume, il nastro d’acqua che collega i paesi di Brendola, Meledo, Sarego e Lonigo esistono parecchi mulini ormai abbandonati o non più in uso che potrebbero essere trasformati in ottimi tipici ristoranti sull’acqua. A titolo di esempio vi invito a visitare quello di Caldogno alle porte di Vicenza, con la possibilità di vedere ancora tutte le tramogge e le macine di un tempo. Questi edifici tornerebbero ad essere punto di incontro e scambio di opinioni, luogo di soddisfazione per i palati e la fame. Il turismo richiede una serie di attrattive e possibilità diversificate per cui la creazione di alcuni maneggi e punti di equitazione sempre lungo il corso d’acqua sarebbero un’ulteriore contributo da non sottovalutare.

AGRITURISMO:

recettività
ristorazione
equitazione
percorsi storici
sentieri naturalistici

Sempre in stretto collegamento con il progetto resta il centro storico brendolano con le sue ville e monumenti, i percorsi naturalistici sui colli, altre opportunità nei Comuni vicini ed a Vicenza.

Riporto due documenti dei” Feudi “presi dall’archivio vescovile:

uno del 1572 del notaio Marco Antonio….sabato 30 agosto 1572,alla presenza di testi Giovanni Grande fu Matteo e di Bernardino Trevisan fu Marco,di don Camillo Peltrorio procuratore del vescovo vicentino Matteo Prioli si costituiscono Antonio Bertoni fu Alessandro, notaio e procuratore del Comune di Brendola, e Bernardino fu Cristoforo Dordela consigliere del Comune di Brendole per chiedere investitura al feudo con diritto della mariganzia, della saltuaria, e del diritto di pesca nel fiume e in altri luoghi con l’obbligo di versare ogni anno a Natale per mariganza e saltuaria 34 libbre di moneta vicentina e per la pesca libbre una e mezza…..

un secondo del 1663 del notaio Aloisio Valproto

..sopra la pubblica piazza della chiesa parochiale de S. Michele, domenica sette gennaro 1663,alla presenza di Bortolamio Chiarello, messeri Paolo Bolettino Bernardin Mellotto, Angelo Veronese e Gierolemo Rossoleno, tutti del comune de Brendole, con Livio Benetello lor procuratore, per ricever l’investitura della mariganzia, della saltuaria e della pescaggione et ius di pescare nel fiume et altre acque di detto loco.
Questi testi ci confermano come un tempo la pesca rivestisse attività economica importante, controllata e tassata. C’erano anche delle guardie per controllare che i vari divieti fossero rispettati. Anche in questo secolo fino agli anni ’60 la pesca serviva per integrare l’alimentazione piuttosto scarsa di tanta popolazione e permetteva di incamerare qualche soldo ai ” pesatari “. Pescare pesci, rane, gamberi, marsoni era un’attività comune. Durante le mie perlustrazioni lungo il fiume ho incontrato un extracomunitario che pescava, suppongo, per integrare i suoi pasti. I contadini giustamente pensavano che il tanto lavoro per scavare fossi e bonificare la terra desse loro il diritto di pescare i pesci come i frutti che raccoglievano dalla terra. Le numerose “boje”, ricordo quelle dei Storato, del Lataro e dei Bertozzo , che confluiscono attraverso le varie roggie nel fiumicello permettevano di pescare marsoni, salgarele, trote, gamberi, rane ed anguille. I vari sistemi per pescare erano conosciuti da tutti :” pesca al palpo, alzando tavele e sassi, con il piron, con la negosa, con il fanale, con la corrente, con il rastelo, sugando i fossi, con la moscarola, con il carburo, con el tramajo“.

  • “BOJA” termine dialettale che indica l’area, normalmente sabbiosa, in cui l’acqua emerge attraverso la sabbia provocando bolle d’aria che vengono in superficie.
  • “PIRON” termine dialettale che indica la forchetta
  • “NEGOSA, NASA, TRAMAJO” termini dialettali che indicano reti da pesca.

 La Pesca sportiva offre altre possibilità di divertimento, valorizzazione dell’acqua e fonte di risorse. Il laghetto artificiale di Ca’ Vecchie, del Palù, la rete di canali, si prestano meravigliosamente ad essere considerati ed inseriti nel progetto Vo’ a completamento delle future prospettive.Si potrebbe rendere navigabile il fiumicello da Vo’ fino a Lonigo per piccole barche a fondo piatto creando un piccolo attracco in località ponte Cadenello.

 

RISORSE UMANE

Questo elemento del progetto si rivela fondamentale e determinante per il complesso di tutta la progettualità esposta. Le risorse umane sono quelle che determinano il presente ed il futuro di ogni paese e ogni territorio. La cultura, la formazione, lo studio, l’aggiornamento sono elementi essenziali in ogni settore ed aspetto della vita. Non parliamo di pezzi di carta, di diplomi, ma di crescita personale e sociale delle persone. In una iniziativa che sia degna di rispetto non possono quindi mancare questi elementi basilari. La situazione degli edifici scolastici di Vo’ è sicuramente in condizioni di svantaggio rispetto al resto della Comunità brendolana e voler continuare a mantenere tale stato di cose si traduce in notevoli difficoltà pratiche. In considerazione di un accorpamento futuro di tutte le realtà scolastiche, scuola materna ed elementare, presso il capoluogo ritengo indispensabile che lo stabile attuale dell’asilo venga utilizzato come sede staccata di un istituto agrario o tecnico.

L’attuale sede delle scuole elementari potrebbe diventare il centro, il luogo di raccolta di quanti dovranno operare come attori e conduttori del futuro sviluppo di Vo’:

  • Agricoltori, ristoratori, operatori turistici
  • Cooperativa sociale Vadum
  • Sede distaccata Consorzio Riviera Berica

Immaginare, progettare, suggerire è un servizio che si può rendere a chi merita tutta la nostra attenzione con la speranza di contribuire al bene comune.

SERVIZI

Argomento di difficile trattazione perché il termine comporta una vastità ed una pluralità di aspetti della vita quotidiana che abbisognano di particolare valutazione.I servizi sono tutti quelle condizioni che influiscono sulla qualità della vita e del benessere di ognuno di noi. Mi riferisco ai trasporti, ai collegamenti viari, all’illuminazione, ai marciapiedi, alla salute, all’assistenza, all’accoglienza, alla possibilità di lavorare, alla sicurezza sociale, ai valori di riferimento della comunità, alla disponibilità ed opportunità per realizzare e realizzarsi nel nostro territorio.
E’ in ultima analisi quanto ci viene offerto dalle risorse messe insieme in un paese con il contributo di tutti. Penso che per ottimizzare le spese e poter accontentare tutti sia necessario focalizzare e distribuire in base alle varie necessità ed identità, sia indispensabile evitare la distribuzione per gocce e per emergenze, sia importante agire per progetti e programmi.
La situazione viaria è praticamente invariata. Oggi, come duecento anni fa, l’attuale via Palladio, via Colombo e la strada dell’Asse sono il fulcro del borgo.

ANALISI COSTI BENEFICI

Bisogna avere il coraggio di compiere un’analisi preliminare costi – benefici per tutta la comunità del progetto, come si fa per qualsiasi investimento produttivo, per valutare il fabbisogno finanziario e la sua effettiva redditività, senza trascurare la distribuzione ed equità dell’iniziativa, gli effetti esterni , gli effetti che sfuggono al calcolo monetario puro e semplice, gli effetti di efficienza e di variazione della qualità della vita. Non bisogna dimenticare che al di fuori della scena economica nel suo complesso esistono beni privi di prezzo, come salute cultura ed altri, che devono essere prodotti anche se non danno luogo a profitti diretti e nello stesso tempo beni convenienti in termini di prezzo che per i loro effetti dannosi non devono essere prodotti anche se danno luogo a profitti. Il bilancio costi – benefici del progetto deve essere considerato nel quadro più ampio dell’interesse pubblico e sociale. Il problema che si pone all’attenzione non è tanto di sapere se i ricavi saranno pari o superiori ai costi, ma se la Comunità nel suo complesso migliorerà la sua situazione realizzando questo progetto anziché scartarlo per altri. L’analisi dei costi non presenta particolari difficoltà, mentre quella dei benefici richiede di affrontare alcuni problemi più ardui, come la distribuzione globale della redditività, il coinvolgimento di fasce di persone non direttamente interessate, come l’impegno per gli anni a venire di non poter cambiare velocemente orientamento. Determinare i costi minimi di investimento e gestione non risulta difficile trattandosi di una ristrutturazione dell’esistente dando nuova funzionalità agli edifici. Più impegnativo, ritengo, sia superare l’individualismo e il ritardo progettuale di questi anni. Un costo immediato è a carico di quanti vorrebbero lottizzare e costruire, delle imprese immobiliari, che non trovano spazio nel progetto comportante un blocco dell’espansione edilizia. Un beneficio certo è per quanti intendono recuperare vecchie case e costruzioni da adibire ad un agriturismo o ad un turismo marginale dei centri maggiori.
L’ottimizzazione dei benefici è in rapporto all’afflusso di clienti esterni per il quale esiste una soglia minima in grado di pareggiare i costi. La parità è legata anche alle capacità promozionali e produttive di quanti lavorano al progetto. In ogni caso se esistono dei benefici monetizzabili in termini di reddito e di occupazione, con altrettanta certezza esistono dei benefici in termini di investimento ambientale e di investimento umano.
Il progetto produce infatti una riqualificazione delle risorse ambientali, con conseguente incremento del valore del soprassuolo vegetale e della produzione, miglioramento estetico del paesaggio, consolidamento dell’assetto idrogeologico e, in ultima analisi un incremento della rendita catastale teorica con effetti moltiplicatori indotti del patrimonio in generale, delle condizioni di vita le cui onde di propagazione investono anche le altre aree del paese e del territorio. La fruizione del piano produce peraltro contestualmente anche una riqualificazione delle risorse umane in termini di salute fisica e mentale, di istruzione, di ricreazione e di educazione ecologica con conseguenti ripercussioni sull’efficienza e sulla capacità produttiva e quindi sull’accrescimento della produttività. Si capisce immediatamente che il bilancio economico può trovare un moltiplicatore economico nella comunità intera per la stabilità dei risultati raggiunti e per l’ulteriore allargamento dell’idea con una attrazione progressiva per le produzioni primarie e le attività terziarie indotte con un miglioramento del tenore di vita generalizzato. Possiamo quindi sostenere che alla produttività economica vanno aggiunti i benefici, ora difficilmente quantificabili, come quelli

  • di ordine culturale, per il significato di evoluzione ed elevazione che la cura per la natura irradia sull’uomo;
  • di ordine sociale, per la possibilità di un impiego sano del tempo libero e la distensione psico – fisica in un ambiente naturale;
  • di ordine igienico – sanitario per l’effetto riequilibratore sull’aria e sull’inquinamento da parte di un territorio ancora integro dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione esasperata;
  • di ordine educativo per il valore di esempio e modello di assetto territoriale idoneo alle esigenze di vita di popolazioni ad alto livello di civiltà;
  • di ordine etico per la conservazione a beneficio dell’umanità intera e delle future generazioni di un matrimonio ambientale prezioso ed insostituibile.

Voglio sottolineare che l’utilizzazione di edifici a fini didattici è fondamentale perché porterà in tempi medi a ripercussioni e riflessi macroeconomici e sperimentali di produzione agricola oggi lontani dai nostri pensieri ma tali da dilatarsi anche ad aree limitrofe con dinamiche evolutive a effetto “valanga”. La caratteristica saliente sarà senza dubbio il costante orientamento verso il regime di compatibilità fra sviluppo ed integrità della risorsa. Certamente l’attuazione del progetto e l’applicazione delle sue finalità debbono costituire un valore aggiunto per tutta Brendola ed un elemento moltiplicatore per tutte le attività in una simbiosi che vede sviluppato quanto di meglio abbiamo e siamo come concittadini. E’ vero che iniziative di tale genere potrebbero essere intraprese anche in altre aree, indipendentemente dal nostro progetto, ma non potrebbero che avvenire nella logica indicata entro termini di compatibilità e salvaguardia della risorsa terra.
Il progetto, in ogni caso, dopo un iniziale periodo di avvio, deve mirare a rendere autosufficiente e produttivo l’intero borgo di Vo’, in forza delle sue iniziative, almeno in relazione all’occupazione, alla gestione. E’ indispensabile abbandonare la concezione corrente che vede i progetti promossi dal pubblico come idee finanziariamente passive, privi di creatività economica ed occupazionale. Il progetto deve produrre economie indotte, posti di lavoro, redditi e dimostrare che la gestione di un territorio mantenuta nel regime di compatibilità con l’ambiente può essere economicamente autonoma e produttiva.
Potrebbero nascere orti botanici, musei dell’agricoltura, giardini, centri formativi, recinti faunistici ed altre attrezzature funzionali all’identità ritrovata per mantenere un progressivo ammodernamento e sviluppo del progetto.

Il progetto è stato concepito come un nuovo strumento per lo sviluppo di Vo’. Nel caso che la comunità locale consapevole di questa opportunità, decidesse di verificare la bontà dell’idea e definirla nel quadro di un nuovo sviluppo avremo contribuito a migliorare il nostro paese, altrimenti resterà un pensiero positivo e simbolo di un interesse per tanti concittadini.