PREMESSA
Brendola, paese agricolo fino a qualche decennio fa, ha vissuto in maniera autonoma, culturalmente separata dalla città capoluogo, dai centri maggiori, libera dai vari organi statali, senza piani regolatori o vincoli inerenti le costruzioni, la trasformazione e l’utilizzo dei vari nuclei abitativi, senza la necessità di interpretare gli spazi ed il paesaggio. Basti pensare alla costruzione della Chiesa Incompiuta, avvenuta ignara di vincoli paesaggistici, architettonici ed interpretativi del mondo fisico locale, concepita esclusivamente in funzione utilitaristica, come fatto rituale autonomo rispetto al territorio. L’architettura brendolana è espressione quindi di una società in condizioni d’emarginazione e legata al proprio specifico patrimonio di credenze, risorse economiche e materiali, alle capacità tecniche locali, impegnata nel processo continuo d’adattamento alle proprie esigenze del territorio, concepito come propria residenza, dimora e spazio vitale libero. La dimora rurale brendolana risponde a precise esigenze funzionali ed economiche onde poter essere uno strumento di trasformazione e di organizzazione dello spazio fisico, oltre che focolare domestico. Quello che qui preme rilevare è tuttavia il fatto che la casa è stata lo strumento col quale la società contadina ha tentato una sua via, lontana dai maneggi del potere, per riappropriarsi dell’ambiente, concentrandovi tutto il suo patrimonio di tecnologie, esperienze, credenze.
Le architetture rurali sono da considerare in un certo senso “fuori della storia”, intendendo cioè sottolineare come queste costruzioni siano espressioni immediate di un modo di vivere (e di lavorare la terra) che ha subito nel corso dei secoli trasformazioni molto lente certo non ” catalogabili ” con definizioni di tipo strettamente cronologico o “stilistico”, come si suol fare per gli esempi cosiddetti “maggiori”. Nell’architettura rurale non è ancora possibile identificare precise figure di progettisti/artisti: si tratta piuttosto di espressioni corali di costruttori anonimi; se i produttori sono “anonimi”, estremamente personalizzati risultano in genere i prodotti, accomunati dalle scelte di fondo della funzionalità, della sincerità (in particolare nell’uso dei materiali), della semplicità, dell’assenza della decorazione, ma in cui traspare sempre la precisa individualità del
costruttore/abitante. Ciò che più colpisce nell’architettura rurale sono l’estrema armonia e simmetria che caratterizzano non solo i corpi maggiori dei fabbricati, ma anche i singoli elementi (disposizione delle finestre e delle porte, dei vuoti dei fornici, dei pieni delle cortine murarie, proporzioni rigorose nell’edificazione di spazi porticati). Anche i materiali utilizzati sono sempre in perfetta sintonia con l’ambiente circostante: frequente se non esclusivo l’uso della pietra e del “sasso moro”, abbondante nelle nostre colline.
In sostanza la comprensione della casa rurale dovrebbe portarci a capire lo spirito più profondo della nostra civiltà rurale, che è come dire il nostro passato recente.