Contrada Tovo verso il Cerro

Ritorniamo in via Roma e imboccando la via Tovo (ora via Firenze), dopo aver passato un portone che entra nella parte posteriore di villa Piovene, a cento passi si trova una borgata, con costruzioni tutte sulla destra. La prima casetta isolata era abitata da Menon Maria, detta Maria Canastrara.
Era bidella delle scuole di Vò, inoltre faceva la cuoca nella caserma dei carabinieri.
Subito dopo, divisa da una corte, su un grosso complesso unito, abitava Muraro Antonio (calzolaio). Nella parte sottostante abitava Giannello Antonio, detto Toni Caregheta, con la moglie Rina Cunico e 4 figli.
Costui partiva a piedi o in bicicletta con un telaio di sedia legato nella schiena e un mazzo di paglia avvolto attorno e andava a impagliare le sedie un po’ in tutto il paese e anche a Perarolo o a S.Gottardo; qualche volta non tornava la sera a casa perchè non aveva terminato il lavoro, ma era l’occasione per lasciare spazio ai figli che normalmente dormivano in quattro in un letto singolo.
Torniamo sulla via e scendendo, a fianco della precedente abitazione, si trovava la porta della famiglia Fanton Leopoldo e fratelli Giuseppe e Vittorio (contadini).
Più avanti, circa cento metri, dopo aver attraversato la strada militare, sulla sinistra c’erano due abitazioni: la prima della famiglia Ranghiero, ultimamente vi viveva solo la Maria detta la Mariona per la sua notevole stazza, faceva la tessitrice.
Sulla parte laterale del fabbricato c’era un capitello dedicato alla Madonna che Maria aveva fatto costruire per recitare il rosario alla sera. Ora è sparito dopo la ristrutturazione.
Dentro la seconda porta abitava la famiglia Caldonazzo (contadino con stalla), con 5 figli: Giovanni, Almerigo, Alfonsina, Isabella e Maria.
Ritornando in via Roma, all’incrocio si scende e ci si affianca a villa Piovene, poi ereditata dalla moglie Adelina Tassoni; successivamente vi subentrò il nipote Mario Tassoni.
Questa grande villa era molto spaziosa, con veranda in ferro battuto ricamato a foglie e fiori in stile liberty, a fianco di essa due grosse colonne sostenevano il portone d’entrata al giardino; dopo il corpo principale, sotto le arcate, c’erano le stalle dei cavalli con intorno un grande parco e foresteria sul lato nord, dove abitavano il gastaldo e giardiniere Signorato Attilio, detto Salata, con la moglie e le figlie Giulia e Teresa. Durante la seconda guerra mondiale, fino al 1945, la villa fu occupata dalle truppe tedesche, poi venne acquistata da Giuseppe Girotto.
Torniamo in via Roma e prendiamo la piccola stradina che porta nella piazzetta del Vicariato.
All’inizio della salita vi era il villino del Generale Pasti, che fu anche sindaco di Brendola, poi del dott. Leopardi Gilmo, medico condotto, in pensione. Procedendo di 50 metri si arriva in piazz.ta del Vicariato: nella casa che si vede a sinistra, c’era l’abitazione e l’ambulatorio del medico condotto dott. Leopardi.
Sulla destra, altre due ville antiche: una del conte Pagello, da Vicenza e l’altra di Maluta – Vanzetti da Padova, queste venivano abitate prevalentemente nel periodo estivo.
Prendendo la via verso il Cerro, all’incrocio del bivio con via Roma, sulla destra si entra in una corte con una serie di abitazioni tutte unite in fila: nella prima abitava la famiglia Muraro, poi Ghiotto, seguiva quella di Graziadio Filippo e di due famiglie dei Toscan Vittorio ed Ettore, cui succedette il figlio Giuseppe (falegname) . Alla famiglia Muraro apparteneva don Gaetano Muraro, che fu parroco nella chiesa della Madonna dei prati.
Tornando in via Roma, sulla destra, in un piccolo spazio triangolare si vede ora una lapide dove esisteva una fontana del primo acquedotto. Più avanti, sulla sinistra, vi era la casa del mistro. Era una persona che vendeva articoli casalinghi e riparava i paioli in rame. Quando si bucavano, questi metteva un tassello di stagno per chiuderli; in quel periodo si usavano spesso per fare la polenta.
Tre metri più giù, sempre sulla sinistra, confinante con la torre “colombara” (ora Municipio) esisteva la ghiacciaia. Consisteva in una specie di vasca costruita con una grossa muratura, mezza interrata, tutta cementata all’interno, che veniva riempita di neve durante l’interno e serviva per conservare le vivande e altre cose deperibili per l’estate successiva.

Povertà

Dopo le due guerre, la povertà e la miseria ebbero il sopravvento sulla maggioranza della gente del paese; chi stava bene erano i grossi proprietari terrieri, un po’ meglio vivevano gli artigiani e commercianti, ma il resto delle famiglie era poverissimo.
Nel negozio di Zimello, la maggior parte delle donne veniva ad acquistare gli alimenti che consistevano in mezzo etto di sugo di pomodoro ( conserva) un quarto di litro di olio, un etto di riso o pasta, mezzo etto di lardo e così via e spesso pagavano con le uova delle loro galline o con un po’ di farina, perché di soldi ne circolavano pochi.